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Kevin Spacey, le accuse di molestie? Come è stato accolto a Torino

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Luca Beatrice
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Accompagnato da inevitabili polemiche l’arrivo di Kevin Spacey a Torino, invitato dal Museo del Cinema per una masterclass e la consegna del premio Stella della Mole. Sono ben noti i guai giudiziari dell’attore americano, protagonista in alcuni capisaldi della filmografia contemporanea, da I soliti sospetti ad American Beauty, e della serie televisiva House of Cards. Per via delle accuse di molestie sessuali Hollywood ha provato a cancellare Spacey dal mondo del cinema e persino sulle piattaforme si fa difficoltà a trovarne traccia, nonostante la presunzione d’innocenza e il fatto che almeno due accuse sembrino decadute.

Che l’Italia sia ancora un Paese libero, democratico e garantista lo confermano iniziative come queste. Spacey è un grande attore, dunque non c’è alcuna ragione di censurarlo o di impedirgli di lavorare, in un mondo (quello del cinema) dove il mercimonio è moneta corrente così come il vago (o il solito) sospetto che certe accuse escano ben oltre ogni ragionevole tempo massimo allo scopo di ricattare una persona famosa e ricca ottenendone vantaggi. Ma la nuova America è così, o troppo disinvolta o troppo moralista.

Certo chi si aspettava dichiarazioni roboanti o attacchi frontali da parte di Kevin Spacey un po’ è rimasto deluso. L’attore ha molto gradito l’ospitalità torinese discreta, pochi i fans davanti all’hotel per richieste di autografi e selfie, è andato allo stadio per Torino – Spezia non portando fortuna alla squadra granata, quindi accompagnato dal presidente del Museo del Cinema Enzo Ghigo e dal direttore Domenico De Gaetano si è concesso ai giornalisti prima di parlare al pubblico e di ritirare il premio dalle mani del sottosegretario Vittorio Sgarbi. Rispettate le raccomandazioni di non rivolgergli domande sulla questione giudiziaria, tuttavia per reggere la notizia c’è stato bisogno di girarci almeno attorno. 

 

 

 

Spacey non parla esattamente di ripartenza, dice di saper attendere il suo momento e intanto ringrazia Franco Nero per averlo incluso nel cast de L’uomo che disegnò Dio, annuncia di aver girato un film in Croazia che non è esattamente Hollywood ma in momenti così cupi ci si può accontentare. Ringrazia, ringrazia moltissime persone perché il cinema dà un’idea di gruppo, di famiglia, di insieme. Ama i cani e il sorriso dei bambini, insomma inutile cercare quei tratti malvagi e perversi che hanno animato i personaggi di Kaiser Sosa, Lester Burnham e Frank Underwood, rendendolo unico tra i cattivi del grande schermo. Il “nuovo” Kevin è un over 60 molto pacato, guardato a vista dal suo maestro di tennis che controlla nessuno sorpassi la linea di demarcazione, beve la Coca Cola e dopo il cappuccino e spera che prima o poi la buriana passi e gli porgano tante scuse.

Nel frattempo, va sottolineato l’atto di coraggio del Museo del Cinema che non ha badato allo stucchevole politicamente corretto, non si è fatto influenzare dalla logica aberrante del metoo che peraltro nel mondo gay risulta inapplicabile e ha stabilito una volta per tutte che l’estetica non ha nulla a che vedere con l’etica. Persino commosso da tanto  affetto, Kevin Spacey è parso rasserenato nel sapere che da qualche parte del mondo c’è ancora chi non cancella anni di carriera e non fa mancare la stima. Almeno qua continuiamo a giudicare con la nostra testa, non tutti ma almeno una parte.

 

 

 

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