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Anna Mazzamauro: "Tanti Fantozzi in politica. Meloni? Ecco cosa penso"

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Daniele Priori
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Anna Mazzamauro non è solo la Signorina Silvani. È una grande attrice «e uno spirito libero, come il vostro giornale di cui ho sempre amato il nome. Perché mi ci rispecchio». Indubbiamente il personaggio della Silvani l’ha resa riconoscibile al grande pubblico cinematografico dove ha imperversato dal 1975 al 1999, come coprotagonista dell’enorme successo che è stato la saga di Fantozzi, durata un quarto di secolo. Da anni ha ritrovato il teatro, la sua prima passione. Dove porta anche testi scritti da lei, come quest’ultima raccolta di memorie, pensieri, immagini, “creature” che è lo spettacolo Com’è ancora umano lei, caro Fantozzi, con il quale l’attrice romana, 85 anni il prossimo 1° dicembre, continua a girare l’Italia affascinando generazioni di spettatori di ogni età, senza distinzioni. «I personaggi di Fantozzi sono quasi dei cartoni animati con una loro fissità nel racconto». Sabato la Mazzamauro sarà ospite del Villammare Festival Film & Friends in Cilento. «Sarà un bel viaggio. La sera prima sarò con lo spettacolo a Salerno, poi torneremo a parlare di Fantozzi e della signorina Silvani a Villammare. I personaggi che sono stati per me e Paolo gioia, ma anche incubo».

 

 

 

La signorina Silvani per lei è stata più un’occasione o più una gabbia?
«Diciamo tutte e due. Se non fosse stata un’occasione non sarebbe diventata una gabbia. Con la Silvani ho coltivato una relazione strana di odio, amore, simpatia, antipatia maturati in oltre vent’anni di convivenza cinematografica. A teatro, ad esempio, mi ha impedito di fare la Medea. Se la immagina Medea che dice a Giasone: lei è una merdaccia schifosa? (ride, ndr)».

La signorina Silvani era un non bella che però piaceva. Lei come donna si sente bella, bruttina o un tipo?
«Io non uso mai il termine brutto, perché lo associo a qualcosa di volgare, sporco. Uso il termine atipica con l’alfa privativa alla greca. Io sono atipica».

Ma cosa pensa davvero Anna Mazzamauro del personaggio così tragicamente italiano di Fantozzi?

«Penso che Paolo abbia dato vita a una magia. Facendo sempre la commedia all’italiana ma con un’arguzia intelligente che lo ha contrapposto a certe pernacchie prodotte dal cinema italiano, non tutto per carità. E a degli attori barzellettari che pur di avere qualche risata in più devono scomodare ogni volta, maldestramente, il sesso. Poi per lavoro anche io ho partecipato ad alcune di quelle pernacchie e mi sono trovata a confronto con persone totalmente ignoranti che pensavano al cinema solo come mezzo di riconoscibilità e mai come arte».

Villaggio a parte che, lo ha detto lei più volte, non le è stato amico. Nel cast di Fantozzi ha coltivato qualche amicizia vera?

«Con Paolo non eravamo amici ma ottimi compagni di strada. Da parte sua ho avuto sempre un rispetto intelligente e recitare con lui, come spero anche per lui recitare con me, è stata una gioia che poi si è vista. Tanto che molto spesso andavamo a ruota libera, come nella commedia dell’arte. Quanto agli altri, che dirle, le sembrerà un paradosso, ma io credo che le vere amicizie non sono quelle delle persone che frequenti per tanti anni...».

Quanto c’è dell’Italia di Fantozzi nell’Italia di oggi?

«C’è ancora molto perché esistono ancora i ministeri. Glielo dico da figlia di una mamma che lavorava ai piani alti del Ministero delle Finanze. Una donna intelligentissima da cui ho raccolto molti elementi per raccontare la Silvani».

Il politico più fantozziano?

«C’è una bella concorrenza. Ma io non mi occupo di politica per scelta. Non amo la politica che si divide in destra e sinistra. A me piace osservare le persone. Non è che a destra ci sono gli imbecilli e a sinistra gli intelligenti o viceversa. Così i fantozziani stannno sia destra sia sinistra. Ma non è colpa loro. Quanto del meccanismo della politica che porta a un logorante inseguimento del potere».

Paolo Villaggio invece era più comunista col rolex o più semplicemente un radical chic senza partito?
«Ma sa che non abbiamo mai parlato di queste cose? Non so nemmeno se fosse davvero di sinistra. Di certo aveva il senso della misura nel giudicare gli altri. Gli piaceva non giudicare ma raccontare attraverso il giudizio».

 

 

 

Pochi lo sanno, ma lei è stata l’unica donna a interpretare a teatro Cyrano de Bergerac. Come le è venuto in mente?
«Io credo che il personaggio, a partire dalla parola stessa, possa andar sempre bene sia per un’attrice che per un attore. Per cui io non ho scelto ma io sono Cyrano. Non solo perché ho il naso lungo ma perché ho amato come Cyrano, ho combattuto, ho la spada, a volte sono ferita, a volte canto come Cyrano e allora ho pensato che bastasse indossare gli abiti teatrali di Cyrano per potermi muovere agevolmente. Anche il pubblico dopo i primi cinque minuti, superato lo stordimento nel vedere la Mazzamauro in abiti maschili, accettava tutto: me, i miei racconti e io mi appropriavo delle parole di Rostand come se fossero mie in maniera ancora più credibile di un attore che semplicemente interpretava la parte».

Giorgia Meloni, prima premier donna in Italia, ce la vedrebbe nei panni del romantico scrittore spadaccino?
«Anche lei è indubbiamente Cyrano. Molto spesso, nel vedere come si comporta, ho proprio pensato a lei come Cyrano. Con la spada tutti i giorni contro gli imbecilli. Questa donna che ha osato essere la prima nel suo campo, dicendo la verità e anche sbagliando. Cyrano sbagliava anche. È bello sbagliare ma sempre con la spada in man per massacrare la perfidia e l’inutilità politica. Per me la Meloni è Cyrano e a me piace molto. Non me ne frega che sia di destra odi sinistra. Mi piace lei come creatura». La cosa che oggi le manca di più? «La vita delle persone che ho amato. Chiamiamola nostalgia. Il concetto di morte non riesce a entrare ancora nella mia testa. Dico per la morte quello che Prevert diceva per la guerra: è proprio una coglionata. Mi consola solo che non c’è un’età precisa in cui si muore. Chi le dice che io non possa morire a 200 anni?».

 

 

 

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