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Baglioni, Garrone e Foglietta: la sinistra arruola i vip in difesa dei migranti

 Anna Foglietta

Tommaso Montesano
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Il bello è che Claudio Baglioni lo sa benissimo di essere un testimonial: «Dobbiamo capire che di certe cause siamo solo i trombettieri, i mediatori». Eppure nonostante il fallimento del suo festival musicale O’ Scià a Lampedusa, chiuso nel 2012 «quella storia è terminata. Laggiù non è cambiato niente e io tutto sommato mi sento uno sconfitto» il cantautore romano non rinuncia al suo ruolo di portavoce dei diritti dei migranti. «La geografia non la possiamo cambiare. Lampedusa è lo scoglietto d’Italia più vicino alla Tunisia e i flussi migratori passano per forza da qui», dice in un’intervista alla Stampa. E dunque visto che passano tutti «da qui», ovvero dall’Italia, tanto vale abolire le «barriere». «Siamo stati i primi a dire che non aveva senso un’immigrazione clandestina. Mi auguro che tutti gli uomini e le donne possano viaggiare liberi laddove ritengono che il modello economico-politico sia giusto per loro».

CONFINI DA ABOLIRE - Maledette frontiere, viene da dire. Infatti per Baglioni è solo un problema di proporzioni e di tempo. «È chiaro da tempo che il veicolo migliore per chi soffre e vuole fuggire dalla sua terra sia la regolamentazione dell’affluenza». Una sorta di decreto flussi perpetuo, insomma.
Il cantautore è solo uno dei testimonial pro immigrazione scesi in campo negli ultimi giorni in nome dei «diritti» dei migranti.

 

 

La scorsa settimana le luci della ribalta sono state tutte per il regista Matteo Garrone, che con il suo Io capitano ha vinto il Leone d’argento alla Mostra di Venezia. Pellicola che, da ieri, è candidata a rappresentare l’Italia nella 96esima edizione dei premi Oscar. Motivazione: ha creato «un’epica del sogno che mette in scena il coraggio e il dolore che segnano da sempre le migrazioni, in una dimensione di profonda umanità».

Un film mostrato anche a papa Francesco nella filmoteca vaticana. Intervistato da Avvenire, il quotidiano della Cei, Garrone ha ribadito quale sia il filo conduttore della pellicola: «Mette in luce un’ingiustizia profonda che mina diritti fondamentali dell’essere umano».

Il primo è il diritto all’impiego: «Questi giovani per trovare un lavoro degno e per muoversi devono rischiare la vita». Il secondo è il diritto alla mobilità: «Noi non comprendiamo che il diritto allo spostamento è un nostro privilegio che viviamo come una normalità». In fondo la ricetta del regista per uscire dall’emergenza è la stessa di Baglioni: «Bisogna rafforzare i canali di arrivo legali». Adesso, complice la candidatura all’Oscar, Garrone spera che il «viaggio di Seydou possa toccare il cuore anche del pubblico americano».

 

 

Il Pd è immeditamente saltato sul carro del film. Tre giorni fa la senatrice Sandra Zampa ha chiesto a Garrone di organizzare una proiezione riservata per ministri e presidente del Consiglio per sensibilizzarli sulla «disperazione e la speranza dei migranti che si imbarcano per l’Europa». Per adesso il regista si accontenta di organizzare un tour «nelle scuole, anche all’estero». «Credo che serva a sensibilizzare una parte degli spettatori che oggi vedono i migranti solo come numeri eche si dimenticano che dietro di loro ci sono affetti, sentimenti, sensazioni». Garrone è un crescendo di enfasi: «I migranti sono in fondo i maggiori portatori dell’epica contemporanea».

«UMANI» Anche l’attrice Anna Foglietta, che insieme ad altri artisti presiede l’associazione Every child is my child, è della partita. In un’intervista del lontano 2018 non si era nascosta: «Chiamatemi radical chic, ma sul tema dei migranti io resto umana». E tre giorni fa, a margine del Capalbio Film Fest, ha detto la sua sui fatti di Lampedusa: «Il mondo è pronto per un grande cambiamento. Avverto stanchezza da parte degli italiani, ma non è con l’odio che si risolvono le questioni. Bisogna informare bene, laddove non c’è informazione c’è ignoranza e nasce la paura». 

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