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Televisione: ecco perché non sappiamo più cosa guardare

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Francesco Specchia
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Tu nella vita comandi fino a quando/hai nelle mani il tuo telecomando», cantava il patriarca Renzo Arbore a proposito dello scettro supremo, della saetta di Zeus che, comodamente, dal tuo divano ti schiudeva nuovi mondi e palinsesti. C’era una volta il telecomando. E c’era una volta lo zapping che dagli anni ’50 (negli Usa, anni ’70 in Italia) del secolo scorso ordinava le preferenze del nostro immaginario, scandendole proprio sulla numerazione dello strumento. Era, quella, una liturgia antica e accomodante, assegnava certezze: i pulsanti con la dicitura “1”,”2”,”3” erano sempre assegnati ai primi canali Rai, l’afflato del servizio pubblico, il sigillo dell’autorevolezza. I tre canali successivi spettavano a Mediaset (Italiauno era il “6”) il commerciale che titillava il fan« ciullo che era in noi. Poi seguivano, inevitabilmente, La7; e, dopo, La8 e il Nove. E, via via, negli anni, la tele s’illuminava dei vari Discovery e Sky, delle tv private (dalla nostre parti c’era TeleLombardia). E, infine, al fondo del telecomando, ecco far capolino il labirinto del trash, che iniziava con le televendite americane e finiva sulle reti a pagamento di telembonitori e cartomanti tipo Mago Oronzo. La tv era un universo scandito dai numeri, entropico eppure disciplinato: un luogo in cui il buon padre di famiglia, rientrato la sera a casa, stremato dalla fatica e circondato da figli e mogli premurose, be’, si arrampicava agilmente sulle proprie fantasie.

Io, per esempio, slalomavo tra i tg e i telefilm delle 19.20, e m’immergevo nei talk di seconda serata di Maurizio Costanzo. Al lunedì, non mi perdevo il film d’autore su Raiuno, o, a scelta, i “Bellissimi” di Rete4 presentati da Emanuela Folliero; a seguire, m’inoltravo nell’oscurità, nei programmi di Marzullo o di Laporta da Raidue noto per opzionare la notte culturale con flemma da sciamano. Questo meccanismo delle gerarchia di programmi e dei canali sul telecomando era l’LCN – logical channel numbering: rappresentava la scala di valori dell’immaginario. Ora è saltata. Il piacere viene sostituito dalla patologia. Lo psicologo americano Barry Schwartz oggi, in uno studio ribadito dalle pubblicazioni del 2008, lo chiama il «paradosso della troppa scelta».


DALLO ZAPPING ALLO SCROLLING
E ribadisce un concetto sociologico che fece capolino con l’irruzione nei nostri salotti delle prime web tv, degli Ott e della Netflix degli esordi. Oggi noi abbiamo troppa offerta, lo zapping viene sostituito dallo scrolling, che ti spinge, fibrillato sulle serie tv e sui film alla ricerca del titolo perfetto per la serata. Ribadisce, ora più che mai, il dottor Schwartz, che offrire troppe opzioni al consumatore lo porta inevitabilmente ad aumentarelo stato d’ansia e probabilmente a non scegliere affatto: «Se è vero che la libertà di decidere oggiè fondamentale per dimostrare la propria personalità, è altrettanto vero che aumentando drasticamente l’offerta il nostro cervello richiede maggiori sforzi e fatica per compiere un’azione. Ci si trova così di fronte a una sorta di paralisi decisionale». Il prof non ha torto. Oggi le numerose piattaforme figliocce di Netflix – da Prime a Disney Plus, da Chili a Dazn nello sport- stanno distruggendo il concetto di tv lineare. E la sola idea di impostare una play list personale di programmi tv ci insuffla una frustrante idea di onnipotenza. Anche se poi non è affatto così. È l’algoritmo di Netflix & C. che ti fa scegliere cosa vedere.

Non si tratta di una modalità di riproduzione casuale e teoricamente uguale per tutti: ma personalizzata per ogni profilo, in base a ciò che le piattaforme sanno di noi (dalla denuncia dei redditi al numero di scarpe). C’è quella funzione che fa capolino nelle app dei tv, “Riproduci qualcosa”: propone sia serie che film; chiede l’I like col simbolino del pollicione; fa l’autopsia dei tuoi generi preferiti, classifica le tue emozioni e ti guida verso un programma che pensi di aver scelto. Un meccanismo diabolico a cui s’e adeguato anche l’Auditel dal 2022 allargatosi, con le misurazioni, alla tv-fai-da te: valuta anche il consumo dei programmi «su tablet e cellulari e in streaming». Ai 45 milioni di apparecchi si aggiungono circa 75 milioni di nuovi schermi, per fruizione personalizzabili. Ognuno s’illude di decidere il suo palinsesto. Ma la troppa libertà di opzione fa sì che nel compromesso tra una serie rosa di mia moglie e una pellicola d’azione per me, alla fine la scelta cada su un documentario di devastante inutilità..

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