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Dario Vergassola stronca la chat di Giannini: "Solo antifascismo, meglio il bar"

Massimo Sanvito
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Vergassola, siete arrivati a mille? Ma soprattutto, sono partite le scissioni?
«Non lo so, dopo tre giorni sono uscito da quella chat. Troppo difficile starci dietro: preferisco le discussioni al bar. Era come una riunione di condominio; un’assemblea studentesca dove in tanti, disillusi, si risentono un po’ pischelli e prendono una boccata d’aria dalla politica. Detto questo, quello di Giannini è stato un bel guizzo ma la paura ora è che, come nella tradizione della sinistra, si perda tutto in mille correnti o che si faccia la fine delle Sardine...».

Dario Vergassola, 67 anni appena compiuti, comico, cantautore e scrittore, la mattina del 25 aprile – mentre era con la famiglia agli Archivi della Resistenza di Fosdinovo (Massa Carrara) – si è ritrovato nel famoso listone “Bella ciao” lanciato da Massimo Giannini insieme a centinaia di giornalisti, gente di spettacolo ed ex politici di sinistra. «Se marca male ci prendono tutti insieme», ha esordito nella chat whatsapp, prima di congedarsi col celebre «siamo in 900, a mille partono le scissioni». Quest’ultima, certamente meno battuta della prima. «Se si farà una serata, come dicono, ci sarò molto volentieri: alleggerire la pesantezza del dibattito politico è sempre una gran cosa. Che da qui nasca un partito? No no, lo escludo. Altrimenti sarei uscito ancora prima dalla chat», spiega a Libero Vergassola, che da qualche giorno è di nuovo in libreria con una guida ironico-sentimentale dal titolo “Liguria, terra di mugugni e di bellezza”.

 



Ma tutta questa retorica sull’antifascismo non ha un po’ stufato?
«Guardi, da uomo di sinistra le dico che lo “stalkeraggio” del “si dichiara antifascista?” inizia quasi a disturbarmi. E sa perché? Le faccio un esempio molto semplice: di recente sono stato in pronto soccorso con mio figlio e sono assolutamente certo che se avessi chiesto a un paziente in coda da dodici ore se per lui La Russa è antifascista o meno mi avrebbe risposto che non gliene fregava nulla. Alla gente bisogna parlare di sanità, prima di tutto, poi anche di scuola, lavoro e ambiente. L’antifascismo, per ora, non è un problema».

E lei lo ha spiegato ai partecipanti della chat?
«Certo, l’ho detto molto chiaramente: anziché prendercela con la destra senza mai entrare nel merito, noi dobbiamo criticare la sinistra, quelli che io voto e che non rispondono alle mie esigenze, quelli che non sono di destra ma si fanno il partito separato perché preferiscono fare i primi in serie B piuttosto che i secondi in serie A...».

 



 

I toni della discussione com’erano?
«Molto composti, anche se a un certo punto qualcuno ha inviato un’immagine con qualcuno a testa in giù. C’è stata subito una levata di scudi».

Dove può arrivare quel gruppone?
«Bella domanda... È partito tutto come un messaggio d’auguri per il 25 aprile e poi la situazione, a Giannini, è esplosa in mano. Non se l’aspettava nemmeno lui questa risonanza ma ora questa cosa funziona solo se rimane una certa distanza dalla sinistra istituzionale...».

A proposito di sinistra istituzionale, perché non hanno ancora cavalcato la chat?
«Perché sono sempre in ritardo. Ci impiegano tre anni a capire come andrà a finire una determinata cosa. Ma meglio così per Giannini e compagnia: non devono farsi mettere il cappello da nessuno ed essere sempre critici. In tantissimi siamo orfani di sinistra...».

Come andrà il Pd alle Europee?
«Mah... L’unica cosa certa è che molti elettori di centrosinistra non andranno a votare perché questi ti fanno scappare la voglia: perché Renzi, Calenda e Santoro si presentano ognuno per conto suo? Così è un gioco al massacro. Ma visti i risultati di questi due anni, e qualche impresentabile nelle liste, anche qualcuno di centrodestra smetterà di andare a votare. L’astensionismo non è certo una bella cosa».

  

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