Ormai da qualche anno, ogni 31 maggio, giorno del suo compleanno (stavolta le candeline sono addirittura 95), leggiamo ampie celebrazioni di Clint Eastwood, ma purtroppo - con rare eccezioni - si tratta spesso di omaggi un po’ retorici, di inchini rituali, fino a constatazioni abbastanza ovvie sul fatto che superare le novanta primavere sia un gran traguardo. C’è da immaginare lo sguardo di Clint nel leggere tante appiccicose banalità. Quel che si coglie più raramente è la traiettoria di un uomo integro e solitario, e il filo che unisce le esperienze di quando era più giovane (le interpretazioni negli spaghetti-western e più tardi il ruolo iconico dell’ispettore Callaghan) alle perle della maturità, che lo hanno visto come regista e a volte interprete negli ultimi vent’anni, da Gran Torino a American Sniper, da Sully a Attacco al treno, da The Mule a Richard Jewell, fino agli ultimi Cry Macho e Giurato numero 2.
Quella di Clint non è solo una maschera: virile, dura, consapevole. $ una visione della vita. Non dispiaccia ai registi cosiddetti pensosi e impegnati, in realtà militanti di sinistra conformi e conformisti, aggrappati ai loro feticci ideologici, e non dispiaccia soprattutto - il Dio del cinema ce ne scampi - alla compagnia di giro di attori e registi italiani che vanno per la maggiore da un ventennio: quelli che ci hanno raccontato, tra un tinello e un divano, il disagio di quando avevano trent’anni, il disagio di quando ne avevano quaranta, e adesso il disagio dei cinquantenni imbolsiti e largamente irrisolti che sono diventati. Come si dice dalle parti di Oxford (o forse a Cambridge, non vorrei sbagliare...), ci avete rotto i coglioni col vostro disagio, con i vostri tic, con i vostri fallimenti esistenziali, cari compagni.
L’Academy ha dei furbetti da Oscar
Guardare ogni film candidato al premio Oscar non è mai stato un requisito fondamentale per poter votare. Storicam...Il messaggio del gigantesco Clint, conservatore ma libertario (anzi: conservatore e dunque libertario), è che siamo chiamati a essere uomini, a nascere e morire da soli, ad assumerci le responsabilità, a decidere, a cadere e a provare a rialzarci, ad affrontare con dignità e senza piagnistei il cammino della vita, con le sue spietate durezze. E a farlo con una bussola: quella dell’individuo. Avete letto bene, cari compagni del cinema italiano (nella parlata romanesca: “scinema”, con una “c” pure lei - come voi - sciatta, trascinata, svogliata): individuo, non stati-sindacati-partiti. Clint è inquieto per gli individui, per quelli vecchi e per quelli più giovani, per quelli ultra americani e pure per gli immigrati regolari che hanno voglia di lavorare e integrarsi, per chiunque sia pronto a spaccarsi la schiena restando fedele a se stesso, senza compromessi di comodo, senza furbizie levantine, senza “collettivi” o “comunità” capaci di aprire ombrelli. E naturalmente a indicarci l’altra stella polare: la diffidenza nei confronti dello stato, del potere e dei suoi abusi, delle burocrazie ottuse, dei media nevrastenici, delle manipolazioni dei conformisti politicamente corretti.
Ma attenzione: ce n’è anche per i conservatori confusi e i liberali smarriti, a cui Clint indica una via ardua, in salita, solitaria. Diffidare del big government, anzi proprio del government; non fidarsi dell’autorità; credere nella scelta morale singola e nell’impegno personale; capire che una fiducia eccessiva e una latitudine troppo ampia dei poteri pubblici è pericolosa. $ per questo che il vecchio Clint è stato a lungo ignorato e osteggiato da una certa sinistra, che peraltro lui non cessa di provocare a testa alta: come quando va all’attacco non solo dell’establishment hollywoodiano, ma pure di quella che definisce la pussy generation, le “fighette”, i giovani senza carattere.
Occhio, però: pure a destra, dove è largamente applaudito, non so se Eastwood sia stato compreso fino in fondo. Infatti, tanti sono certamente affascinati dal suo volto e dalle sue rughe, ma sono spesso poco inclini a scegliere la libertà contro la protezione, l’individuo contro i corpi intermedi, la solitudine contro le vaste compagnie. Clint Eastwood è lui stesso – ci perdonerà la lettura “politica” – un pezzo di destra culturale e morale che antepone la libertà ad altri valori, che ci ricorda la necessità di essere inquieti per la sorte della libertà nel nostro tempo, sempre più spesso sacrificata e sacrificabile in nome di altro. Grazie per tutto questo.