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Francesca Barra, scandalo IA: nuda sul sito per adulti

di Simona Plettomartedì 28 ottobre 2025
Francesca Barra, scandalo IA: nuda sul sito per adulti

4' di lettura

«Ho scoperto ieri che su un sito per adulti circolano immagini di me nuda, generate con l’intelligenza artificiale». È la denuncia di Francesca Barra, giornalista e conduttrice televisiva, che in un lungo post sui social ha raccontato l’esperienza di una violenza digitale sempre più diffusa: quella dei “deepfake pornografici”, immagini e video falsificati con l’uso dell’intelligenza artificiale. «Non sono io - ha subito spiegato - ma qualcuno ha deciso di costruire quella menzogna per ottenere attenzione e insinuare il dubbio che potessi essermi mostrata in quel modo negli ambienti in cui lavoro o ho lavorato: in Mediaset e con Piero Chiambretti».

Il suo primo pensiero, dice, è andato ai figli: «Ho provato imbarazzo e paura per ciò che avrebbero potuto leggere. Quelle immagini, se finite nelle mani sbagliate, avrebbero potuto ferirli». Poi l’appello: «Ho pensato alle figlie e ai figli di tutti, alle ragazze che subiscono la stessa violenza digitale e che forse non hanno i miei stessi strumenti per difendersi». Barra parla di un «furto dell’immagine, del corpo, della libertà di essere viste come si è», e sottolinea come «chi crea, diffonde o ospita questo materiale commette un reato, ma troppo spesso le leggi, la rete e le piattaforme arrivano dopo».

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Il sito al centro della vicenda si chiama SocialMediaGirls: una piattaforma per adulti, con circa sette milioni di iscritti nel mondo, che offre un servizio di manipolazione delle immagini tramite intelligenza artificiale. Basta caricare una foto perché il sistema generi un nudo realistico del soggetto ritratto. Tra i volti italiani coinvolti, oltre a Barra, compaiono Chiara Ferragni, Benedetta Parodi, Federica Nargi, Andrea Delogu, Caterina Balivo, Diletta Leotta, Selvaggia Lucarelli, Sophia Loren e Angelina Mango. La maggior parte delle immagini è stata pubblicata nel 2023; alcune sono già state rimosse.

La polizia postale ha avviato accertamenti sui server e sui gestori del sito, dopo le numerose segnalazioni arrivate nelle ultime settimane. Sotto esame la natura dei contenuti, la possibile violazione delle norme sulla privacy e le nuove disposizioni introdotte a ottobre che puniscono la diffusione di immagini alterate con sistemi di intelligenza artificiale idonei a ingannare. Le indagini, coordinate dalla Procura di Roma, puntano a ricostruire la rete dei responsabili e a ottenere la rimozione dei materiali.

Nel frattempo, la denuncia della giornalista ha scatenato un’ondata di reazioni. Migliaia i messaggi di solidarietà arrivati sui social, molti dei quali da madri e padri che hanno raccontato episodi simili subiti dalle proprie figlie, spesso attraverso Telegram o gruppi chiusi. Da Fratelli d’Italia la deputata Augusta Montaruli chiede «un’azione mirata delle autorità contro questa nuova forma di abuso». Altre forze politiche sollecitano una collaborazione internazionale per il blocco delle piattaforme che ospitano materiale generato senza consenso.

In rete è stata rilanciata anche una petizione che chiede la chiusura di tutti i siti pornografici che diffondono immagini manipolate o non consensuali: in poco tempo ha superato le 140 mila firme. L’obiettivo, spiegano i promotori, è spingere il governo e le autorità europee a introdurre regole più rapide e strumenti di rimozione automatica dei contenuti lesivi.

Il caso Barra, come detto, non è isolato. Solo un mese fa la polizia postale ha oscurato due piattaforme simili, “Mia Moglie” e Phica.net, dove venivano pubblicate immagini intime - spesso rubate- di donne comuni e personaggi pubblici, accompagnate da commenti sessisti. Il gruppo Facebook “Mia Moglie”, che contava oltre 30 mila membri, è stato chiuso in agosto. Nel caso di Phica.net, attivo dal 2005, è stato identificato e interrogato un 45enne toscano ritenuto l’amministratore del sito. Le indagini proseguono in più procure per diffusione illecita di immagini, diffamazione ed estorsione.

Intanto Francesca Barra, che ha discusso una tesi in criminologia sul cyberbullismo, riflette: «Il cyberbullismo non è un problema tra ragazzi, ma uno specchio delle nostre fragilità collettive. E infatti eccoci qui a dare, come sempre, il pessimo esempio». La sua denuncia è diventata un caso simbolo di una frontiera ancora senza difese, dove la tecnologia corre e le regole arrancano.
E forse è proprio questo il punto: viviamo in un’epoca in cui un algoritmo può ricostruire un volto, una voce, un corpo in pochi secondi, ma servono ancora mesi - se non anni per rimuovere un’immagine rubata.

I siti nascono, cambiano dominio, riemergono in poche ore, mentre le indagini viaggiano su binari burocratici che impiegano mesi solo per ottenere una rogatoria. Le piattaforme moltiplicano i profitti in tempo reale, gli Stati rincorrono con codici e decreti che invecchiano prima di entrare in vigore. E così ogni denuncia diventa una sentinella lanciata nel vuoto: utile per segnalare il crimine, ma impotente di fronte alla velocità con cui la violenza digitale si moltiplica.

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