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Fenomeno "Prisma": la serie perfetta per capire i vostri figli

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Fabrizio Biasin
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C'è questa serie, Prisma, che è fatta da Dio. Va in onda su Prime, è in programmazione da una decina di giorni, in teoria è vietata ai maggiori di 18 anni ma non per motivi legati alla qualità («oddio! Si parla di ragazzini!»), semmai alla voglia di comprendere e, per così dire, metterci la testa. Ecco, sì, questa serie è vietata a chi non ha voglia di aprire gli occhi e preferisce vivere nel suo bel mondo incantato. Poi, certo, la trovate nella categoria "storie per adolescenti" ma se avrete la pazienza di guardarla - 8 puntate da 40 minuti circa - vi renderete conto che è assai raccomandata a genitori, zii, nonni, ovvero a tutti quelli che non hanno capito come gira il mondo, oggi. La sinossi è semplicissima, molto più del messaggio che sottende. Due gemelli di Latina e i loro amici vivono l'adolescenza nella tipica "normale anormalità" dei giorni nostri: escono, bevono abbastanza, si innamorano, si lasciano, si conoscono tramite i social, uno spaccia, altri si fanno le canne, cantano, vanno più o meno d'accordo con i genitori, mal sopportano la provincia, fanno i conti con il tipico malessere dei 16-17enni, quello caratterizzato da ormoni grossi come nespole che ti fanno andare "su" verso gli entusiasmi più belli, ma pure "giù" nella Fossa delle Marianne della tristezza. E fin qui non c'è davvero nulla di nuovo.
 

 

VERI STRONZI La differenza con tutte le altre serie così costruite - ce ne sono un milione, per dire Skam, dello stesso ideatore Ludovico Bessegato - è che qui non ci sono veri stronzi e ti appassioni alla vicenda non tanto per il classico "buoni contro cattivi", semmai perché speri che ognuno dei protagonisti trovi la propria dimensione nel suo piccolo mondo. E parliamo di sesso, ovvio. Uno dei due gemelli è timido, grazie a un sontuoso colpo di culo riesce a uscire con una ragazza che, però, non si capisce se lo stia usando oppure no. Quella stessa ragazza vive senza grossi patemi un evidentissimo problema fisico e, semmai, fatica a stare al passo con le emozioni. E poi ci sono loro, Andrea e Daniele. Andrea è l'altro gemello, attaccatissimo al fratello ma non al punto di raccontargli la sua dimensione alternativa, quella che lo porta a vestirsi da donna - ovviamente di nascosto- e a provare pulsioni per un compagno di scuola, Daniele appunto (l'ottimo Lorenzo Zurzolo). Quello, Daniele, è il più fico del bigoncio: piace, rappa, nuota, sfumacchia, strombazza qua e là, ma è invaghito di una tizia conosciuta su Instagram, che però in realtà è lo stesso Andrea (la cosa è spiegata dopo due minuti, siam mica qui a spoilerare). In mezzo a tutti 'sti ragazzini compaiono, più o meno come fantasmi, i genitori degli stessi e- badate bene- non sono i tipici genitori imbecilli delle serie, ma non sono neppure abbastanza svegli per capire quel che accade.
Almeno fino a un certo punto.
 

SCOPERTA CARRANO E niente, il resto lo dovete guardare e questo per comprendere il senso del tutto, ovvero perché questo prodotto per adolescenti è più di un prodotto per adolescenti. Alcuni motivi a caso: 1) Il messaggio nascosto (ma questo lo abbiamo appena scritto). 2) La bravura degli attori alle loro primissime esperienze (Mattia Carrano interpreta entrambi i gemelli e tu pensi «non sarà in grado» e invece, perdio, alla fine pensi che siano realmente due persone diverse). 3) La colonna sonora, azzeccatissima per un mercato che non sia solo quello di noailtri piccoli italiani (e infatti Prisma è distribuita un po' ovunque). 4) Il montaggio giocato su rapidi flashback e costanti trucchetti del tipo «voglio subito vedere la prossima puntata». 5) Un cameo di Achille Lauro (buttalo via...). 6) Il finale che non staremo minimamente a raccontare ma ti lascia una fetente curiosità del tipo «e ora? Quanto ci metteranno questi infami a produrre la seconda stagione?». Fine. Ecco, se al termine di questa articolessa state pensando «sì, vabbé, i maschi che si vestono come le femmine... Ma questa è fantascienza», credete a noi, siete rimasti fermi a I Ragazzi della 3ª C (che pure era una gran serie, sia chiaro). 

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