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Miguel Bosè, il segreto in famiglia che non aveva mai rivelato (fino ad oggi)

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Alessandra Menzani
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Un padre conservatore, duro, maschio alfa come Luis Miguel Dominguin, il più famoso torero di Spagna. Una madre italiana, Lucia Bosè, altrettanto celebrata, ma libera, moderna. Due genitori all'opposto, che infatti si separano quando lui aveva 11 anni, e rispecchiano le due anime di Miguel Bosè, non avrebbero potuto non trasmettergli altrettante contraddizioni: cantante ma anche attore, latin lover ma anche bisessuale, desideroso di una famiglia con la brava ragazza di gioventù ma anche amante del politico più trasgressivo dell'epoca, Marco Pannella, che fu uno dei grandi amori; affamato di libertà ma anche voglioso di diventare padre, trasgressivo ma anche geloso del privato, misterioso. Tutto questo è raccontato benissimo nella serie televisiva Bosè, una piccola "bomba" televisiva al via da oggi su Paramount +, la neonata piattaforma streaming che fa concorrenza ad Amazon e Netflix.

MODO SPUDORATO
La star italo-spagnola, oggi 66 anni, ha i volti di due attori che lo interpretano rispettivamente da giovane e da "maturo" e che in entrambe le versioni gli assomigliano in modo spudorato (complimenti a chi ha fatto il casting): Josè Pastor e Ivan Sanchez. Il giovin Bosè è un ragazzino ricco che la madre Lucia (Valeria Solarino) spinge al mondo dello spettacolo e della musica e lui ci sguazza, passando con disinvoltura dal letto di Elsa Martinelli, sua co-protagonista nel dimenticato film sexy Garofano Rosso ai set degli spaghetti western con Giuliano Gemma o gli horror di Dario Argento, fino alle sale d'incisione pop. Bellissimo, acerbo, effeminato, tutti impazzivano per lui, compreso il leader dei Radicali Marco Pannella (interpretato da Roberto Zibetti) con cui a Roma ha una storia di letto. Impazzisce, ma in senso negativo, anche il padre Dominguin (interpretato da Nacho Fresneda) che lo vorrebbe a una vita d'ufficio a macinare soldi nella sua società. "Bosé" è una miniserie in sei episodi dedicati alla vita di Miguel Bosé realizzati con la guida dello showrunner Nacho Faerna (La Fuga). Nelle puntate si segue la storia dell'artista da quando è un bambino che cresce nel quartiere di Somosaguas nella periferia di Madrid.

Alla regia sono stati impegnati Fernando Trullols e Miguel Bardem, figlio di Juan Antonio Bardem che nel 1954 aveva lavorato con Lucia Bosé. Ogni episodio è incentrato su una diversa canzone di Bosé e ripercorre momenti cruciali della vita. Tutto questo è il succo nel primo episodio di Bosè, dove le immagini in flashback dell'adolescente Miguel si alternano a quelle dell'artista ormai consacrato, 50enne, sul palco in Messico per la promozione del disco multi platino Papito, dove nell'intimità confessa al compagno il desiderio di diventare padre, poi realizzato non senza controversie. Infatti - per la cronaca - i quattro figli della coppia Bosè-Nacho Palau, dopo la separazione dei genitori e la guerra legale, sono divisi: due gemelli in Messico e due i Spagna. Ma questi sono fatti recenti, nella serie si parla degli anni di gloria, che sono stati tanti e ruggenti. I due attori spagnoli che gli danno il volto, raccontano a Libero come sono entrati nella parte del cantautore diventato star mondiale. Sanchez, il Bosè 50enne, ricorda: «Lo conosco da quando ero piccolo, ero un fan, in discoteca con gli amici ballavo i suoi successi. L'ho anche conosciuto personalmente, eravamo amici anche se non strettissimi, ebbi la possibilità di andare a casa sua a pranzare».

COMPLIMENTI
Il giovane Miguel, Pastor, spiega che la preparazione al ruolo è durata due anni e la sfida è stata quella di scoprire la persona dietro l'artista. «Io non conoscevo quasi nulla di lui», ammette, «a parte Morena Mia, non sapevo tante cose, per esempio che fosse così vicino a Pablo Picasso, ma adesso sono un fan. Non volevamo imitarlo, ma entrare in lui, mi sono preparato con il grandissimo materiale di video e interviste. Bosè non è venuto alle riprese se non alla fine ed è stato un momento bellissimo perché ci ha fatto i complimenti per il lavoro fatto. E finalmente ho potuto respirare». Ride. Entrambi sono concordi sull'elemento di maggior fascino dell'artista: «La determinazione, non pensava al giudizio degli altri. Il senso di libertà». «Vorrei essere come lui», ammette Pastor, una sorta di Timothee Chalamet iberico, «molto coraggioso». Ora la strada è spianata.

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