Con Roberto Fabbri la chitarra classica al centro della scena

"Amo le sonorità eteree"
domenica 17 marzo 2013
Con Roberto Fabbri la chitarra classica al centro della scena
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Roma, 15 mar. (Adnkronos) - Lasciare una chitarra in una casa a volte è come gettare un seme in un campo. Roberto Fabbri, uno dei maggiori esponenti internazionali della chitarra classica contemporanea, ha cominciato così. Ha colto il seme e ne è diventato il frutto. "Già ad un anno - racconta all'Adnkronos a tre giorni dal suo concerto all'Auditorium Parco della Musica di Roma - mi divertivo a pizzicare le corde di una chitarra che era stata lasciata a casa mia da uno zio. Ci passavo le ore, il suono mi rilassava e io ci giocavo. Poi aspettavo la domenica quando veniva questo zio e suonava qualcosina sulla chitarra. Fino a quando, a sei anni, gli ho chiesto di insegnarmi a suonare e da allora il mio amore per questo strumento ha preso corpo e non si è più fermato". Compositore e docente (insegna chitarra classica presso il Conservatorio di musica 'Ottorino Respighi' di Latina e presso l'Istituto di Alta Formazione Artistica e Musicale 'Giulio Briccialdi' di Terni), Fabbri vanta anche oltre 30 pubblicazioni per chitarra, tradotte in cinque lingue, compreso il cinese, e distribuite in tutto il mondo, oltre a tenere concerti e masterclasses nelle più note sale concertistiche d'Europa, Stati Uniti, Sud America, Russia ed Asia. Ed ora è al suo terzo album, 'Nei tuoi occhi', dove spicca il suo tributo al grandissimo chitarrista spagnolo Andrés Segovia. "Quando avevo 20 anni - racconta - Segovia fece il suo ultimo concerto a Roma. Era il 1984. Fu un'emozione grandissima ascoltare il grande vecchio della chitarra che aveva riportata in auge questo strumento. E il brano 'Il cavaliere errante' (contenuto nell'ultimo album 'Nei tuoi occhi) è proprio un tributo a lui. E' stato, in particolare, il Festival Andrés Segovia di Madrid, in occasione del venticinquesimo anniversario della morte, a commissionarmi un concerto per chitarra e orchestra, 'Fantasia sin palabras', composto da sei brani fra cui c'è appunto 'Il cavaliere errante', un abbinamento un po' donchisciottesco, ma Segovia è stato il cavaliere errante della chitarra avendola portata in tutto il mondo". Per Fabbri la strada maestra "è stata sempre la chitarra classica", perché si è innamorato della "magia del suono prodotto dalle dita che sfiorano le corde di nylon, un suono caldo e suadente che - sorride - mi ha rapito sin dall'inizio. Non riesco a suonare su un altro tipo di chitarra". Ciononostante è convinto che anche "un chitarrista classico debba ascoltare tutti i generi perché più la formazione è ampia, più viene fuori fuori il musicista". "Credo anche - dice Fabbri - che la chitarra classica possa essere testimone del nostro tempo. Le mie composizioni hanno comunque un richiamo al blues, al pop, al jazz, anche se sono pezzi di chitarra classica. Io, infatti, metto sempre un po' di colore, chiaramente non cercando di copiare un pezzo pop o jazz ma cercando di contestualizzare il mondo sonoro della chitarra classica attingendo alle forme sonore che ci circondano. Il 900 è stato un periodo storico in cui sono nate tantissime forme musicali. Il chitarrista classico non può far finta che non esistano e non può non inserirle nella propria poetica musicale". Fabbri è uomo del presente, ma nella musica il passato scivola sempre dentro l'oggi. Così anche in lui c'è chi ha lasciato traccia. "Io amo moltissimo i compositori francesi Debussy, Satie. Amo queste sonorità eteree, anche se non sono chitarristi. Poi chiaramente nella mia formazione è stato molto importante Bach anche se nei pezzi questo non si avverte". Appare, invece, evidente quanto per Fabbri sia importante riportare le sei corde al centro della scena: "Io credo che progressivamente, dopo Segovia, la chitarra si sia allontanata dal grande pubblico. Segovia ha fatto un'opera incredibile, perché è riuscito a portare fra le gente comune le sonorità di questo strumento. E ci è riuscito grazie ad una personalità enorme, una grande bravura tecnica, un alto spessore intellettuale. Lui aveva capito quale fosse la chiave per arrivare al cuore del grande pubblico ed io ora sto cercando proprio di riavvicinare il pubblico a questo strumento con un linguaggio che attinge anche al mondo sonoro che ci circonda. Ci sto riuscendo ed un'altra prova sarà il concerto del 19 marzo prossimo alla Sala Petrassi del Parco della Musica dove non entra mai la chitarra classica". Per Fabbri, però, la chitarra non è solo una professione, ma la sua voce interiore: "Quando sono triste prendo la chitarra e suono. Le mie emozioni passano sempre attraverso di lei. Ho una necessità fisica di imbracciarla. Poi mi dimentico di tutto e passo le ore così".