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De Santis: "Sono il capro espiatorio di Calciopoli"

Matteo Legnani
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Lo scorso 24 marzo la Corte di Cassazione ha stabilito che la «cupola» che avrebbe deciso in modo fraudolento le sorti della serie A di calcio nella stagione 2004-2005 era in realtà una cupoletta, formata da una manciata di promotori (in primis gli ex dirigenti juventini Antonio Giraudo e Luciano Moggi) e da appena un paio di «partecipi», gli ex arbitri Racalbuto e De Santis. Di fatto, però, lo scandalo che ha tenuto banco per ben nove anni (dal maggio del 2006) e che è tuttora argomento di conversazione e di litigi tra i tifosi italiani, ha un unico colpevole: il già citato Massimo De Santis, il solo che non abbia usufruito della prescrizione. Pentito della sua scelta? «No, perché è coerente con quello che è sempre stato il mio atteggiamento nel corso del processo. Poi, voglio dire, mi hanno condannato a un anno con pena sospesa. Per associazione a delinquere. Strano, no?». Nel senso che è una pena lieve? «Mi dica lei: più lieve di così? È come se mi avessero detto: ti dovremmo assolvere ma non possiamo, o non vogliamo, quindi ti affibbiamo il minimo che possiamo darti». E adesso? «Vado avanti: ormai la Cassazione non è più l' ultimo grado di giudizio, c' è la Corte di giustizia europea». Che ricordo ha dei momenti immediatamente successivi allo scoppio dello scandalo? «Un inferno. Per i primi tre o quattro mesi sono stato frastornato, quasi con il timore di uscire di casa. Anche perché per un pezzo non si è parlato d' altro. Erano i giorni dell' elezione di Napolitano alla presidenza della Repubblica e la notizia, sui giornali, veniva messa dopo Calciopoli. Ma ho reagito quasi subito». È stato aiutato dalla fede, come Moggi? «Sono molto credente e la cosa è stata un conforto». Com' è nata Calciopoli? «Penso si sia originata in un ambito che vede collegati l' Inter, la Pirelli e la Telecom». Cioè? «Un arbitro di seconda fascia, Danilo Nucini, racconta all' allora presidente dell' Inter, Giacinto Facchetti, che esisterebbe una "combriccola romana", pilotata da Moggi, che si avvale di alcuni direttori di gara - tra cui me - attraverso cui condiziona le partite, essenzialmente a favore della Juve. Di lì a poco comincio a essere spiato, con altre quattro persone, da Giuliano Tavaroli - ex carabiniere e all' epoca responsabile della security di Telecom e Pirelli - e dall' investigatore privato Emanuele Cipriani, che di Tavaroli è amico. Seguono i miei spostamenti e scrutano i miei conti. Senza trovare nulla». Perché Tavaroli la fa spiare? «Nel 2004 la Procura di Napoli si rivolge a Tavaroli per intercettare le utenze di Moggi, Bergamo e Pairetto nell' ambito di un' inchiesta che verteva in quel momento sul calcio-scommesse e che si sarebbe poi trasformata in Calciopoli. Tavaroli era quindi al corrente delle indagini che i pm napoletani Narducci e Beatrice stavano conducendo su quelle tre persone. E sempre Tavaroli, in seguito, ha detto ai magistrati che lui riferiva tutto ciò che veniva a sapere a Carlo Buora, amministratore delegato della Telecom e vicepresidente dell' Inter». La sua richiesta all' Inter di 21 milioni di euro di risarcimento è stata rigettata. «Sì, perché Cipriani, pagato con 50.000 euro, emise due fatture non a carico dell' Inter bensì della Pirelli, sponsor dei nerazzurri. E questo, secondo i giudici, non consente di essere certi di un diretto coinvolgimento dell' Inter». Ha mai ricevuto una scheda svizzera da Moggi? «No». Prima di Lecce-Parma, partita decisiva per stabilire chi retrocederà in B nel campionato 2004-2005, lei parla con il designatore Bergamo e dice cose che suonano equivoche. «Volevo semplicemente dire che, se si fosse rivelata una partita vera e combattuta, allora avrei arbitrato sul serio, cioè mi sarei "messo in mezzo" per evitare che eventuali tensioni in campo degenerassero». Così, oltre al Lecce e al Parma, si salvò la Fiorentina di Della Valle. «Il pareggio tra Lecce e Parma, di per sé, non garantiva affatto la salvezza della Fiorentina. Il Parma peraltro dovette fare lo spareggio col Bologna». A causa di Calciopoli ha dovuto rinunciare ai Mondiali del 2006. «È uno dei miei rimpianti più grandi». Chi erano i fischietti più bravi, quando lei arbitrava? «Io e Collina. Ma era una grande generazione di arbitri, quella. Oggi il migliore è Orsato». Si è mai emozionato arbitrando un incontro importante? «Emozionarmi nel senso della paura no, ma le sensazioni più belle lasciatemi dal calcio sono quelle provate entrando in stadi come San Siro o l' Anfield Road, con accanto alcuni tra i giocatori più forti di tutti i tempi». Tifa per qualche squadra? «Non più, ho smesso quando sono diventato un arbitro professionista. Ora mi piace guardare le belle partite, infatti seguo soprattutto il calcio estero, in particolare Inghilterra e Spagna». E qual è la squadra per cui teneva? «L' Inter». Se incontrasse Moratti gli direbbe qualcosa? «Moratti sa benissimo che rapporti avevamo e come mi comportavo quando mi veniva a trovare negli spogliatoi. Sono convinto che, nel profondo della sua coscienza, sia consapevole di come stiano realmente le cose». di Giuseppe Pollicelli

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