Siamo stati alla partita "senza insulti": che strano il calcio che non offende arbitro e avversari
Una partita di calcio senza insulti all' arbitro, parolacce, indicazioni ai giocatori in campo e all' allenatore. Utopia? No, realtà. È successo a Zoppola, in Friuli, dove per la partita della categoria Esordienti (10-12 anni) tra il Calcio Zoppola e il Pordenone è andata in scena il "Silent Match", una partita silenziosa. Le regole erano semplici: «Sono consentiti solo gli applausi e le espressioni collettive di incoraggiamento verso i ragazzi. Nessun commento dovrà giungere dagli spalti verso i giocatori o nei confronti del dirigente arbitro». Obiettivo «permettere ai ragazzi di vivere con maggiore serenità uno sport che, a questa età, è prima di tutto un gioco». Un' iniziativa nata dall' idea della mamma di uno dei ragazzi dello Zoppola, mutuata da quanto già avvenuto in Inghilterra. Per chi ha girato più di qualche campo di provincia, l' atmosfera è stata senza dubbio strana. Solo applausi, anche al gol degli avversari, nessuno urlaccio per errori in campo, nessun insulto nemmeno all' indirizzo dell' arbitro, nessuna bestemmia e nessuna indicazione ai ragazzi o all' allenatore. Certo, ogni tanto qualche mugugno c' è stato, perché dopo un fuorigioco fischiato la protesta parte quasi in automatico, ma trattenuto, quasi sotto voce, anche per non fare brutta figura con chi stava rispettando alla regola le indicazioni. Un pomeriggio all' insegna del fairplay più totale: nel quarto e ultimo tempo (con lo Zoppola che si era aggiudicato due delle tre precedenti frazioni) è andata in scena una partita mista, con alcuni ragazzi che si sono scambiati la maglia. Un modo inatteso per concludere al meglio quello che è stato considerato un esperimento di civiltà. Esperimento che ha avuto un' ottima risposta dai genitori e parenti presenti. «È molto meglio, piuttosto che il solito mormorio, anche i ragazzi giocano più tranquilli», ha commentato la madre di uno dei giovani in campo. Qualcuno comunque preferisce la partita classica: «È stato molto strano, a me piace molto più partecipare alla partita - confessa un altro genitore - ma l' importante sono i ragazzi in campo e se si divertono». Già, i ragazzi. Qualcuno, intervistato dal Tg3 regionale, ha ammesso che la partita «è stata strana, non senti le persone che ti dicono cosa devi fare». Anche perché, di solito, dagli spalti «si sentono cose non ripetibili». Soddisfatto anche il presidente del Calcio Zoppola, Federico Vignoni Mengarelli: «Ripeteremo l' esperimento: abbiamo dimostrato che se li lasciamo giocare, i ragazzi si possono esprimere al meglio». La speranza, ora, è che diventi l' abitudine: «Tutte le società dovrebbero provare. Si tratta di pura educazione: si va a teatro, al cinema, a vedere una partita di tennis e le persone non parlano, perché nel calcio bisogna sfogare i propri sentimenti? In fondo parliamo di ragazzini che hanno il diritto di sbagliare, di non essere un campione, di giocare e divertirsi». Concetti che, nel calcio di oggi, spesso vengono messi da parte. di Matteo Spaziante