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Giuseppe Rossi non si era dopato, tanto fango per nulla: dai giudici solo un "rimprovero"

Davide Locano
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La lunga e misera estate delle istituzioni del calcio italiano, dopo la commedia legata alla serie B e al caso plusvalenze di Chievo e Cesena (con l'Entella ri-ammesso in B, pur giocando in C), si conclude con la figuraccia rimediata dall'Agenzia Antidoping per il caso Giuseppe Rossi. Il 12 maggio scorso, dopo un controllo in seguito a Benevento-Genoa, Rossi fu trovato positivo alla dorzolamide, un agente anti-glaucoma che serve a ridurre la pressione intraoculare elevata. La positività ha indotto all'apertura di un'indagine, durante la quale il calciatore ha spiegato la totale estraneità ai fatti contestati. Leggi anche: Quando Rossi era stato trovato positivo all'antidoping Il 25 settembre la procura antidoping di Nado Italia ha chiesto la squalifica di un anno, costringendo il giocatore a correre ai ripari con i suoi legali e chiedere l'archiviazione del caso, cosa che è avvenuta ieri grazie al Tribunale Nazionale Antidoping che però si è riservato il lusso di fargli un richiamo ufficiale. Ricapitolando, a Rossi è stato contestato l'uso di una sostanza contenuta in un collirio, tollerata dalle norme antidoping. Accertata la sua non colpevolezza, al posto di recapitare delle scuse, gli hanno dato una nota di biasimo, come a dire: “Non hai fatto nulla di male, ma pur di non riconoscere il nostro errore, ti esortiamo ad evitare di cacciarti nuovamente in questa situazione”. Facile, no? di Filippo M. Capra

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