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Krzysztof Piatek, il Milan ha trovato un centravanti "totale"

Matteo Legnani
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Fare gol ed esultare a botte di "pum pum" non è un problema per Krzysztof Piatek, da adesso in poi (forse) il problema è trattenere i piedi ben saldi a terra e lasciare che l' anima rimanga leggera, la bocca aperta solo per dire poche e ragionate cose lasciando agli altri le frasi roboanti, i peana, il grande gioco dei paragoni col Passato, quello con la "p" maiuscola del Milan. A quest' ultimo esercizio ci pensiamo noi, che abbiamo registrato con crescente stupore il devastante impatto del bomber venuto dall' Est in un club dalla storia ingombrante e da un presente (e un passato prossimo) che tra tanti altri disturbi soffre della perdurante attesa di un centravanti degno dei predecessori doc, una latitanza ingigantita dalla ciliegina avvelenata di Higuain, traditore a tutto tondo delle aspettative e della voglia rossonera di un numero 9. I paragoni - La maglia vestita da un pacco di gente passata in certi casi alla storia del calcio globale, gente che in questi primi quattro weekend di Piatek a Milano è stata tirata in ballo tutta quanta, a turno: degno di Van Basten (ma anche di Ibra) il primo sigillo di sabato a Bergamo, cornata irruente alla Hateley per il secondo; le reti del 2-0 al Napoli in Coppa Italia - le prime - che hanno subito richiamato alla memoria Shevchenko, paradigma sfoderato (seppur con dovuta cautela) anche dal totem Paolo Maldini; e quindi le reti da falchetto dell' area con la Roma e con il Cagliari degne dell' indimenticato fiuto per la porta di Superpippo Inzaghi. Manca giusto qualche fanu n po' attempato che scomodi anche il più prolifico di tutti, il mitico Gunnar Nordahl: ma di certo c' è che l' abbagliante "Cristo" (pure il nomignolo è decisamente impegnativo, specie se giochi per il Diavolo) ha superato nei numeri persino il Pompierone svedese, che realizzò 5 reti nelle sue prime 5 partite ufficiali con il Milan esattamente 70 anni fa, tra gennaio e febbraio 1949. Piatek ne ha segnate 6. Fantastico, ma pesante, non trovate? È un gioco lusinghiero e pericoloso, e allora - per il ragazzo, per il Milan e per tutti - è meglio solo fare la gara su se stessi; la varietà delle soluzioni vincenti e i diversi flashback dicono alla fine la cosa che più conta, vale a dire la completezza del bagaglio di un' autentica, fortissima punta centrale, che ha ancora davanti a sé margini di miglioramento, non foss' altro per la chance di competere a livello ancora più alto col Milan o con eventuali, futuri altri club e con la sua Nazionale. Cruccio punizioni - Da parte sua, l' intenzione di pedalare c' è tutta: a fine allenamento, ha raccontato, va a lezione di punizioni, perché si sente «carente». Gattuso, che non è tipo da sconti o premi simpatia per i giocatori, ha già elogiato la sua cultura del lavoro e ha spiegato, scherzando ma non troppo, che la parola «gol» nel vocabolario del Pistolero sta a «mamma» o «papà» in quello di un bambino. Vive per segnare e per crescere, insomma, e già questa è una buonissima spiegazione della sua immediata conquista di San Siro. di Andrea Saronni

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