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Juventus, Cristiano Ronaldo un fantasma in Champions League: ecco le cifre (e non tornano)

Davide Locano
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Il problema della Juventus è che non perde mai. Se non perdi mai, quando ti capita, la gente perde la testa. Nel caso specifco ha completamente sbroccato (la gente), del resto la partita era parecchio importante (ottavone di finale contro l' Atletico) e la squadra ha toppato nella prestazione ma, soprattutto, nell' attegiamento. Il giorno dopo la sconfitta per 2-0 c' è chi suona il requiem per Allegri («Incapace! Inadatto! Ridicolo! Solito codardo!») e in un secondo si dimentica di quello che il fidanzato di Ambra ha fatto in questi anni bianconeri (quattro scudetti e due finali di Champions sono un sacco di roba); chi attacca Bonucci (prestazione totalmente inadeguata e macchiata dalla sceneggiata sull' 1-0), chi addirittura osa criticare sua maestà Ronaldo («non dico di segnare, ma l' autogol no, dai...»). Già, anche Cr7 finisce nel calderone dei dubbi bianconeri, stemperati in qualche modo da un tweet del tecnico («20 giorni. 20 giorni per essere pronti a una sfida da vivere, e vincere, tutti assieme. Fino alla fine»). Leggi anche: CR7, il dramma della madre Dolores Ma le parole lasciano il tempo che trovano e, qua e là, è tutto un attacco, una provocazione, una ramanzina («Ronaldo che fa il segno del 5 ai suoi avversari? Bisogna anche saper perdere!»), come se la partita di ritorno, per gli spagnoli, fosse poco più di una formalità. Simeone ha già spiegato che non cascherà nel trappolone del semi-appagamento («sappiamo come funziona a Torino...») e le sue certezze aumentano il malessere torinese. C' è già chi pensa al post-Allegri, per dire, mal sopportato da buona parte dei suoi stessi tifosi, vogliosi di vedere Zidane al suo posto. A Madrid il toscanaccio ha certamente commesso i suoi errori - da De Sciglio titolare al posto di Cancelo, all' atteggiamento di chi puntava a un sereno 0-0, fino a Dybala retrocesso praticamente a centrocampo -, peggio di lui ha fatto mister 31 milioni di ingaggio, che poi è Cristiano, la cui fama contrasta parecchio con la resa europea (stesso numero di gol e autogol: 1). I bianconeri si aggrappano al portoghese per la gara di ritorno del 12 marzo, decisiva per il passaggio ai quarti ma anche per evitare che quella contro Simeone sia la partita che in qualche modo abbassa la serranda sulla stagione: con il campionato già vinto e l' eliminazione in Coppa Italia per mano dell' Atalanta (l' Atletico Madrid d' Italia...) la squadra rischia di non aver più stimoli con ancora due mesi abbondanti di partite da giocare. Tanti saluti, anzi no. Se la Borsa completa il momentaccio, con il titolo sospeso per eccesso di ribasso (-11%, in un giorno bruciati 150 milioni di capitalizzazione a Piazza Affari), c' è chi individua il problema nella mancanza di avversari «all' altezza» in serie A. Il ragionamento è un filo forzato ma ha un senso: se non sei abituato a faticare, quando devi faticare, non sei in grado di faticare. Fine del pistolotto. In queste righe e in quelle di tutta la stampa intercontinentale avete trovato e troverete parole avvelenate o semi-sentenze, come se noi scribacchini ci fossimo dimenticati della (non) impresa di un anno fa a Madrid, con la Juve che rimonta lo 0-3 dell' andata e poi va a casa per una questione di fruttini e bidoni dell' immondizia. La sfida è certamente difficile, ma per nulla terminata: Simeone e il suo pacco ne sono consapevoli. di Fabrizio Biasin

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