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Maurizio Sarri ed Antonio Conte, chi gode per i loro errori: il commento di Fabrizio Biasin

Davide Locano
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La famigerata «prova di maturità» è quella cosa che se la superi ti dicono «bravo, ma hai solo fatto il tuo dovere» e se invece non ci riesci sono tutti pronti a rompere le balle. L' Inter non supera la sua «prova di maturità», non ci riesce dopo aver giocato un buon secondo tempo che, però, arriva dopo 45 minuti da latte alle ginocchia. Merito anche del Parma, va detto, che a San Siro gioca una partita onestissima e torna a casa con un punto più che guadagnato. A Conte non riesce il sorpasso alla Juve e certamente non sarà felice, non tanto per la prestazione dei suoi (tanto brutti all' inizio, quanto grintosi col passare dei minuti), quanto per aver aumentato la consapevolezza che l' abbinata «partita di Champions-anticipo di campionato» difficilmente gli permetterà di mantenere lo stesso ruolino che gli consentì di vincere lo scudetto nel suo primo anno in bianconero, quando la Juve era «libera» dalle coppe e relative faticacce. Poco male, in fondo i nerazzurri tornano in campo tra sole 48 ore (martedì a Brescia) e quel che conta - come sempre - sarà far sì che il pareggio di ieri sia solo un piccolo inciampo. E poi ci sono i campioni in carica, a loro volta costretti a rallentare (cosa che gli capita di rado). La tendenza a «drammatizzare» o ad «esaltare» è usanza tipica italiana (cioè, magari succede pure altrove, ma dalle nostre parti di sicuro). La Juve che fino a ieri l' altro era «la squadra di Sarri» che «finalmente gioca, mica come ai tempi di Allegri» e «ora si che si vince e ci si diverte», dopo un pareggio a Lecce è diventata «una squadra troppo lenta» che «fa fatica a concretizzare» e «Allegri certe partite le vinceva, eddai...». È la sindrome del pesce rosso, ovvero di quelli che resettano la memoria a ogni giro di boccia. I pesci lo fanno per non impazzire (poveracci), noi per evitare di ricordarci quanto siamo minchioni. Se Sarri ha commesso un errore (e, sì, lo ha commesso) non è relativo al campo - la Juve ha giocato una buona partita, non eccellente, ma buona - semmai alle scelte. Tenere a riposo Ronaldo è legittimo e in qualche maniera «doveroso», non portarlo neppure in panchina, invece, rientra nella categoria «masochismo sportivo». Si ragiona con i «se» e quindi la considerazione vale quel che vale, ma tendenzialmente se disponi di uno dei giocatori più forti della storia del calcio (e certamente di uno tra i più pagati) puoi pensare di buttarlo dentro a un quarto d' ora dalla fine con la consapevolezza che quello, probabilmente, ti caverà dagli impicci. Poi, certo, dirlo scrivendo su una tastiera e a partita finita è la cosa più facile del mondo. Ps. Oggi signori miei c' è Roma-Milan e certo non si tratta di un match banale. I gialorossi incerottati sfidano i rossoneri in cerca di una svolta. Questa sfida vale più di tre punti: con tre posti Champions tendenzialmente già «occupati» (Juventus, Napoli e Inter) perdere significa consegnarsi alla gogna pubblica e mediatica. Quella, del resto, non manca mai. di Fabrizio Biasin

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