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Antonio Conte che dà di matto può solo far bene all'Inter. A patto che non esageri

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Cristina Agostini
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Se qualcuno in Papuasia non se ne fosse ancora accorto, ve lo diciamo noi: Antonio Conte si è incazzato come solo Er Mutanda con Pappalardo in quel famoso pomeriggio televisivo («Mai più!»). S' è incazzato per la sconfitta di Dortmund, ovvio; s' è incazzato perché detesta vedere le sue squadre non riuscire ad incidere dal punto di vista dell' intensità; s' è incazzato perché a suo modo di vedere la dirigenza non lo ha accontentato a dovere in sede di mercato; s' è incazzato - diciamolo - anche per distogliere l' attenzione dalla prestazione sul campo, tanto bella nel primo tempo, quanto «drammatica» nel secondo. La «manifesta incazzatura» è parsa, in effetti, esagerata: il mercato non sarà stato completo, ma parliamo sempre di oltre cento milioni investiti per il «restauro» post-Spalletti; soprattutto non si capisce l' esigenza di «sparare» addosso ai dirigenti in questa fase di mezzo della stagione, in fondo fino a gennaio c' è poco da fare e allora tanto vale mordersi la lingua e diffondere apparente serenità. No, Conte non lo ha fatto ma a guardar bene ha semplicemente... fatto Conte. Per molti questo è un problema e, certo, non è che si possa brontolare ogni volta che non si vince una partita, ma probabilmente sarebbe peggio se uno come lui dicesse «sì, beh, abbiamo perso ma siamo tutti belli sereni». No, Conte è incazzato e toccherà a Marotta abbassare la temperatura. Ci riuscirà, in fondo «è la specialità della casa»: nessuno come l' ad nerazzurro è capace di gestire siffatte situazioni. A gennaio la squadra verrà rinforzata, ovviamente a seconda di quello che accadrà in Champions (se ti qualifichi per gli ottavi di finale allora ha senso prendere un centrocampista e pure un vice-Lukaku, viceversa ci si dovrà accontentare del centrocampista). Ecco, il punto è questo: Conte si lamenta assai e così facendo ribadisce un concetto espresso il giorno della conferenza stampa di insediamento: «Non sono io il top player, i top player vanno in campo». Vero, ha ragione, ma nel primo anno post settlement agreement - quello dove puoi fare «qualcosa» ma non «tutto» - l' ex ct non può non accorgersi che lo sforzo più grande per accorciare le distanze con i rivali più forti, il club lo ha fatto investendo sull' allenatore più bravo e caro che c' è: lui. di Fabrizio Biasin

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