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Calciopoli, Luciano Moggi all'attacco: i giornalisti che ignorano ad arte le sentenze

Davide Locano
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È da domenica che sento ovunque le polemiche dichiarazioni del post partita con la Juve del presidente della Fiorentina, Rocco Commisso. Ho anche espresso il mio pensiero sulle sue parole, secondo me dettate a caldo dall' emotività per il ko dei viola che, nel primo tempo, avevano giocato alla pari con la Juve. Non voglio quindi entrare nel merito dei rigori che, secondo la regola vigente, lo sono quando Var e arbitro sono concordi. Anche perché tutti ricorderanno le parole di tanti presidenti: «Finalmente la Juve non avrà i soliti favori e smetterà di vincere». Ora non solo l' arbitro in campo, ma anche il Var viene contestato, specialmente quando c'è di mezzo la Juve, e proprio da quelli che magnificavano il Var. C' è acredine contro questo club che in tanti vorrebbero veder sparire magari assieme ai dirigenti di presente, passato e futuro. È il tifo che diventa odio anziché libera esternazione, tanto che si arriva ad uccidersi fra ultrà: e la cosa peggiore è che certe volte viene alimentato da alcuni che scrivono. Leggi anche: Moggi: "Perché Zlatan è come Maradona" Il giornalista Sebastiano Vernazza, della Gazzetta dello Sport, commemorando Gaucci, morto da poco a Santo Domingo, riporta alcune vecchie frasi di costui pronunciate contro gli arbitri, giusto per entrare in argomento e sintetizzare il suo pensiero: «Poi arrivò Calciopoli con Moggi protagonista», come a voler indicare nelle parole del presidente la veggenza di ciò che sarebbe successo. Cosa potesse entrarci Moggi nella commemorazione di Gaucci è difficile capirlo, visto che avrebbero potuto essere raccontati tutt' altri aneddoti, al punto che alcuni amici mi hanno telefonato per chiedermi se per caso avessi importunato qualche volta sua moglie, vista l' acredine di Vernazza nei miei confronti. Ovviamente a tutti ho risposto che non la conoscevo perché non seguivo il basket ma la Juve, mentre lei, mi dicono, seguisse molto da vicino la società Mens Sana di Siena. Premetto che io non parlo a priori contro l' Inter, anche perché vi sono amici come Marotta, Conte e il preparatore Pintus, la vera forza nuova dei nerazzurri. Non posso però dire lo stesso di Moratti che, morti gli Agnelli, aveva il potere in mano e l' ha usato. Per cui, quantunque in difficoltà a parlare di chi non c' è più, mi corre l' obbligo di replicare a quanto scrive Vernazza, tra l' altro noto tifoso nerazzurro, che ancora enfatizza Calciopoli trascurando la sentenza 2166 della Corte D' Appello di Milano che, andata in giudicato, sintetizza: «Giacinto Facchetti faceva lobbing con gli arbitri», oltre a raccontare come non sia stato Moggi ad inquinare il calcio ma fosse il sistema di quel tempo. Questo signore ignora scientemente quanto scritto dal Procuratore Federale, Palazzi: «L' Inter è la società che rischia più di tutte per il comportamento illegale del suo presidente Giacinto Facchetti», e non racconta quanto il processo sportivo sentenzia in conclusione: «Campionato regolare, nessuna partita alterata». E trascura di scrivere come, di tutte le imputazioni iniziali, siano stati contestati soltanto alcuni reati a consumazione anticipata basati su valutazioni non oggettive, illazioni e convinzioni personali prive di riscontro. Nelle motivazioni delle sentenze non ci sono infatti fatti accertati, ma presunzione di comportamenti non verificati, fatti oggettivamente non veri e soprattutto lettura del pensiero altrui (neanche i maghi...). Oltretutto gli arbitri sono stati tutti assolti, tranne uno che non aveva niente a che fare con la Juve. Sarà forse la Giustizia Divina a porre fine a questo stillicidio, magari qualcuno in punto di morte, preso dal rimorso, confesserà quanto poco di vero ci sia stato nel processo Calciopoli. Quel giorno riecheggeranno le parole di Gianni Petrucci, allora Presidente del Coni: «Chi vince troppo non fa il bene del proprio sport». Come dire che la Juve sta sulle palle a tutti. di Luciano Moggi

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