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Parma, i ducali vengono acquistati da un magnate americano: l'obiettivo è tornare tra le sette sorelle

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 La notizia dell'acquisto del Parma era già stata preannunciata dal suo futuro acquirente, Kyle Krause, un personaggio di certo poco scaramantico. Aveva infatti già annunciato settimana scorsa, via Twitter, di essere in attesa della prossima serie A, dopo essersi mostrato in visita al Tardini, al centro sportivo di Collecchio e in nelle aziende della zona in compagnia di Guido Barilla e Marco Ferrari, il duo a capo della cordata Nuovo Inizio ora proprietaria. Evidentemente l'accordo per l'acquisizione del club era già in tasca. E infatti la novità è che non ci sono novità: nelle prossime settimane, forse entro fine mese, il Parma passerà nelle mani del Gruppo Krause. Così il club crociato sarà il quarto di proprietà americana in A, dopo la Roma di Friedkin, il Milan del fondo Elliott e la Fiorentina di Rocco Commisso. Ciò dimostra che la massima serie sta accrescendo il suo appeal, se è vero che tutti questi nuovi investitori sono sbarcati in Italia negli ultimi due anni, se non addirittura negli ultimi mesi, e che gli americani, storicamente abituati al business dello sport, vedono nell'Italia e nel calcio italiano una possibilità. Lo dimostra il fatto che la famiglia Krause possieda due aziende vinicole (Enrico Serafino di Canale e Vietti di Castiglione Falletto) e un resort nelle Langhe (a Cerretto) e, dopo il vino e il turismo, due core-business del nostro Paese, abbia deciso di buttarsi sul terzo con forza: il corteggiamento del Parma è iniziato infatti già un anno fa e si è concretizzato con l'intervento a gamba tesa di fine luglio, quando la cessione del club ad Hisham Al Mana, componente di una delle famiglie più ricche del Qatar, era ormai finalizzata. 120 milioni.

 

 

L'offerta del fondo qatariota prevedeva 63 milioni di euro da pagare in 5 anni per rilevare il 51% del club e poi acquisire il restante 49% nello stesso arco di tempo, mentre Krause si è offerto di acquistare il 60% subito per una valutazione complessiva di circa 120 milioni di euro. Secondo il Financial Times, gli attuali proprietari manterrebbero una partecipazione per almeno cinque anni, per poi uscire di scena: una vendita ideale, sia per i tempi che per i modi. È il momento giusto perché il club vale sei volte tanto rispetto a 5 anni fa, quando era stato dichiarato fallito: il perito aveva quotato infatti in 20 milioni la società nel 2015, poi rinata dalla serie D e arrampicatasi al massimo campionato. E lo è perché il bilancio è solido così come la squadra dal punto di vista tecnico: sulla carta non rischia la retrocessione e può gestire senza patemi la transizione di proprietà. Il Parma è in buone mani perché ci si è messo da solo, allestendo con pochi soldi una squadra funzionale al gioco di D'Aversa - non per caso salutato, con il senno di poi, per riavviare il progetto con Liverani - e all'altezza della serie A. Ed è in buone mani perché il Gruppo Krause è serio e ha intenzione di investire nel club, riportandolo ai fasti delle "sette sorelle": dopo l'undicesimo posto della passata stagione, in fondo, il passo non è così lungo. La compagnia americana, concentrata nella cayena di minimarket Kum & Go e nel trasporto di benzina Solar Transport, può contare su 2,8 miliardi di dollari di ricavi nel 2019 e l'esperienza nel calcio con la Des Moines Menace, (seconda divisione in Usa). Dunque, se il Parma è un salto di qualità per Krause, lo è anche Krause per il Parma: un investitore che vuole lasciare il segno e migliorare il business del calcio italiano.

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