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Christian Eriksen "l'invisibile". Fabrizio Biasin: all'Inter così non serve, ora Conte ha solo due strade

Fabrizio Biasin
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Ben ritrovati nel meraviglioso mondo delle partite giocate una dietro l’altra. Cioè, non fai in tempo a discutere di “quella vittoria” che ti tocca parlare di “quell’altra sconfitta”. E viceversa. Nel caso specifico parliamo di un pareggio. Ma facciamo in fretta, per carità.
Dei 90 minuti giocati dall’Inter in terra ucraina contro la squadra dal nome complicato, non vi diremo quel che già sapete (i nerazzurri hanno dominato, preso traverse, sfiorato altri gol, sbagliato robe clamorose tipo Lautaro a un metro dalla porta, digerito ridicoli “no arbitrali” per falli subìti all’interno dell’area eccetera), semmai butteremo giù quattro righe sul tale che in questa partita non si è affatto visto, se non nell’asettico finale di gara.
E voi direte: “Ma davvero ci vuoi ammorbare ancora con Eriksen?”. La risposta è “sì”. 

Eccoci qui a discutere dell’assoluto non-protagonista del match di Kiev, l’invisibile, l’Amleto nerazzurro. Se volessimo tradurre i suoi 12 minuti più recupero con un voto da 1 a 10 scriveremmo “boh, non l’ha mai vista”, eppure il dato di fatto è che in tantissimi hanno discusso di vossignoria perché, vossignoria, sempre fa discutere. 
Ebbene, da lui ci si aspetta che prima o poi sia risolutivo, ma questo è assai banale e noialtri vi avevamo promesso rapidità e, quindi, andiamo dritti al punto: Christian Eriksen utilizzato a questa maniera non serve a nulla. Francamente non serve a nulla neppure se viene schierato da titolare senza troppa voglia di credere in quel che può o non può fare. E, certo, pure lui è chiamato a dimostrare di essere fatto di ben altra sostanza, ma è anche vero che per questioni meramente pragmatiche (il bene dell’Inter) deve essere gestito diversamente. 

Christian Eriksen è un giocatore che così non ha alcun senso: o si decide realmente di puntare su di lui, oppure lo si “abbandona” e tanti saluti. La via di mezzo, per intenderci, serve a nulla. Oh, sia chiaro, mister Conte non deve farselo andar bene per forza, in fondo la sua Inter proprio a Kiev ha giocato una buona partita, però è necessario che scenda a patti col suo giocatore dai piedi buoni. Prima strada: “Christian, capiamoci, io con te non ci voglio lavorare”. Seconda strada: “Christian, non sei il mio centrocampista ideale, ma ho deciso di puntare su di te”. E se si sceglie la prima strada allora lo si vende già a gennaio, ma se invece si punta sulla seconda allora lo si butta in campo nelle partite che contano e lo si fa con una certa convinzione, quella che è mancata fino a qua. 
Esiste forse una terza strada? No, non esiste. E voi direte “oh, quello mica è Sneijder” e probabilmente avete ragione voi, ma è anche vero che è sbagliato credere alla diceria dei giocatori che “agli occhi dell’allenatore devono essere tutti uguali” perché non è così, alcuni sono “più uguali” degli altri. Eriksen, per dire: o lo sposi o ci divorzi. Trattarlo come un trombamico significa non capire come è fatto.

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