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Tokyo 2020, "Bebe Vio vale meno di Marcell Jacobs". Soldi, la scoperta molto imbarazzante

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Federico Danesi
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Bebe Vio vale meno di Marcell Jacobs? Carlotta Gilli con le cinque medaglie messe insieme a Tokyo 2020 guadagnerà come Antonella Palmisano? La risposta è no, in entrambi i casi, e non perché lo diciamo noi. Semplicemente è il differente trattamento stabilito per i loro atleti dal Coni e dal Cip, il Comitato Paralimpico italiano, prima di partire per il Giappone. Tre anni fa, dopo i Giochi Invernali di Pyeongchang, la Giunta Coni ha approvato l'aumento del 20% dei premi in denaro per i medagliati. Quindi l'oro è passato da 150mila a 180mila euro, poi 90mila euro per l'argento e 60mila euro per il bronzo. Quindi, facendo i conti in tasca a Giovanni Malagò, i trionfi olimpici gli costeranno poco più di 7 milioni di euro. In casa Cip invece tutto è rimasto fermo: 75mila euro per un oro, 40mila euro per l'argento e il bronzo che vale 25mila euro. Un scandalo, soprattutto ora che il dibattito sulla parità di genere a tutti i livelli è tema caldissimo e non da tutti i settori risolto? L'hanno pensato in molti e, come ci confermano dal Coni, in questi giorni sono state anche numerose le e-mail di protesta arrivate al Palazzo H, più o meno civili, per denunciare la disparità di trattamento e chiedere rispetto per i nostri ragazzi. Disparità denunciata anche dal sottosegretario Vincenzo Zoccano

 

 

 

MAIL DI PROTESTA
Solo che il Coni, Giovanni Malagò, i suoi consiglieri e tutto quello che ruota attorno al mondo olimpico c'entrano davvero nulla anche se non tutti lo ricordano o fanno finta di ignorarlo. Semplicemente perché dalla fine di febbraio 2017, con un DL che ha messo nero su bianco la legge 124/2015, il Cip è stato trasformato in Ente autonomo di diritto pubblico e quindi di fatto si è staccato dal Coni a tutti gli effetti. All'atto pratico significa che le Federazioni sono passate da 45 a 44 e questo cambia poco. Cambia moltissimo però per tutti gli atleti con disabilità perché di fatto la loro federazione si deve sostenere da sola, sotto il controllo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una scelta coraggiosa e corretta, che sta cominciando apagare, ma proprio per questo Luca Pancalli, almeno per questo quadriennio olimpico, ha deciso di non aumentare i premi per i suoi atleti. L'oro vale quello, come l'argento e come il bronzo. Ma il Comitato Italiano Paralimpico riconosce anche un assegno mensile a tutti gli atleti che hanno vinto una medaglia d'oro ai Giochi, sempre che continuino nell'attività sportiva e che vestano ancora la maglia azzurra. Soluzioni diverse? Imitare gli Stati Uniti, ad esempio, che pagano molto meno dell'Italia ma in compenso trattano tutti allo stesso modo: da questa edizione di Olimpiadi e Paralimpiadi, indipendentemente dalla disciplina e dal fatto di essere o meno normodotati, 37.500 dollari all'oro, 22.500 all'argento e 15mila al bronzo. In realtà la vera cura è avere lo stesso tipo di rispetto per tut ti gli sportivi, indipendentemente dalle loro condizioni fi siche e anche in questo senso qualcosa sta cambiando.

 

 

FORZE ARMATE
Lo ha ricordato Carlotta Gilli dopo la vittoria nei 200 misti a Tokyo: «Dall'inizio di quest' anno la legge finalmente permette anche a noi persone con disabilità l'arruolamento. È il mio grande sogno nel cassetto e farò di tutto affinché diventi realtà». Già, perché la 20enne torinese ha doppio tesseramento con la Rari Nantes e con le Fiamme Oro. Ma per quanto la Polizia la supporti tutto l'anno, non veste la divisa, o almeno non poteva farlo: tra un po' invece sì. Un altro passo avanti, ma quello decisivo è che dopo il trionfo di risultati e le storie magnifiche che stanno raccontando queste Paralimpiadi anche gli sponsor abbiano la stessa munifica attenzione per atleti e discipline e lo stesso facciano pure i media. Come la Rai, che spalma le gare in po' su Rai 2 e un altro po' su Rai Sport. Aspettiamo solo che tornino a casa.

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