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Pechino 2022, tante medaglie ma poco oro: l'Italia ai giochi invernali bella solo a metà

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Federico Danesi
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Ora che le bocce sono ferme possiamo dirlo. Dal 1980 a oggi solo due volte le discipline rappresentate dalla Fisi erano tornate a casa dalle Olimpiadi Invernali senza un oro. Era successo a Lake Placid nel 1980 e otto anni fa a Sochi. Ma è successo di nuovo a Pechino, perché l'ultima giornata di gare ha regalato solo delusioni: fuori gli azzurri nel Team Event dello sci ai quarti di finale contro gli Usa, lontanissime le ragazze del fondo nella 30 km vinta da Therese Johaug: Cristina Pittin e Martina Di Centa fuori dalle trenta, a 9 minuti. 

Il bilancio finale resta fermo a 17 ed era anche facile immaginarlo. E visto che abbiamo vissuto due Olimpiadi in sette mesi, mai successo nella storia, il conto complessivo tra Giappone e Cina è di 57 medaglie, con 12 ori. Per qualcuno, conti della serva. Per Giovanni Malagò che quei conti li deve far tornare almeno fino al 2025, suo ultimo anno al timone del Coni, numeri importanti. «L'età media dei medagliati azzurri a Pechino è stata attorno ai 26 anni ed è un ottimo segnale per i prossimi Giochi. Ho sempre detto che avremmo vinto fra le 13 e le 17 medaglie, ma solo due sono d'oro e una lettura numerica potrebbe sintetizzare che gli italiani sono molto più bravi a vincere le medaglie che i titoli. Voto? Direi 7 e mezzo». 

PROSPETTIVE FOSCHE
Alquanto generoso, anche se Malagò ha sottolineato il fatto che i podi sono arrivati da 8 discipline diverse, segno che sappiamo fare bene un po' dappertutto. Ma non basta, come non bastano gli impegni formali che il governo ha preso per finanziare la squadre azzurre in vista di Milano-Cortina 2026: «Abbiamo richiesto un contributo per pianificare quattro anni al meglio. A parole sono mesi che ogni settimana è quella buona per sbloccare la situazione, anche se siamo già in ritardo perché lo aspettavamo già fra settembre e dicembre. Qui si tratta di prendere ragazzi e ragazze dai 15 ai 18 anni che, per un quadriennio, vanno inseriti in un ragionamento ben preciso». 

Seminare adesso per trovarsi coperti nel prossimo decennio, ché le prospettive sono fosche. Alla vigilia l'Italia puntava sugli stessi medagliati di 4 anni fa, da Sofia Goggia ad Arianna Fontana, passando per Michela Moioli, Federico Pellegrino e Federica Brignone. Si sono aggiunti Constantini e Mosaner, Francesca Lollobrigida, Omar Visintin, Dorothea Wierer ha fatto da sola, è esploso Pietro Sighel. Molti di loro sono trentennio si avvicinano a quella quota, il ricambio è una necessità. Ora cala il sipario, in attesa delle Paralimpiadi che vivranno la cerimonia di apertura venerdì 4 marzo. E la palla passa all'Italia, che dovrà lavorare più sugli atleti che sugli impianti. Apertura a San Siro, chiusura all'Arena di Verona e in mezzo le gare. Nel capoluogo lombardo oltre al villaggio olimpico anche le gare di hockey su ghiaccio al PalaSharp e al PalaItalia mentre al Mediolanum Forum di Assago sono in programma pattinaggio di figura e lo short track. 

IN ATTESA DI MILANO-CORTINA
A Cortina invece lo sci femminile sulla pista dell'Olimpia delle Tofane, sulla pista olimpica 'Monti' rimessa a nuovo bob, skeleton e slittino. Il curling sarà allo Stadio olimpico del ghiaccio sempre sulle Dolomiti venete. A Bormio sulla pista Stelvio lo sci alpino maschile, a Livigno snowboard e freestyle. Il biathlon invece sarà di scena ad Anterselva, Tesero e la Val di Fiemme ospiteranno il fondo, a Predazzo combinata nordica e salto con gli sci, a Baselga di di Piné il pattinaggio di velocità. Un puzzle di impianti mai visto nella storia olimpica per dimostrare che l'Italia è meglio.

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