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Radu "caccia" Simone Inzaghi dall'Inter? "Senza scudetto...", voci dai vertici societari

Federico Strumolo
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Il paradosso che sta vivendo Simone Inzaghi è di quelli che troppo spesso si vedono nel mondo del pallone: non è stato chiamato dall'Inter per vincere, ma se non lo farà rischia di pagare con l'esonero. D'altronde, quella della panchina del tecnico in bilico è una cantilena che si ripresenta ogniqualvolta i nerazzurri commettono un passo falso, figuriamoci dopo il crollo di Bologna. Un 2-1 risultato dell'incredibile gaffe del portiere di riserva Ionut Radu (uscito dal campo in lacrime), ma anche dell'atteggiamento passivo della squadra al Dall'Ara, colpevole di riaprire un incontro partito alla grande, grazie alla perla di Ivan Perisic in apertura, ma mai chiuso.

 

 

E quando si parla del piglio della squadra, si sa, il primo a pagarne le conseguenze è sempre l'allenatore. A questo, poi, si aggiunge anche una fetta di osservatori che imputano la papera del portiere allo stesso Inzaghi, reo - secondo la critica - di non aver mai concesso minuti a Radu (in stagione aveva giocato solamente negli ottavi di finale di Coppa Italia contro l'Empoli, vinti 3-2), scongelandolo all'improvviso a Bologna per il problema alla schiena accusato nelle ore precedenti la gara dal titolare Samir Handanovic. Colpe, di Inzaghi, che fanno arrabbiare i tifosi interisti e creano qualche punto interrogativo nella mente della dirigenza nerazzurra, seppure l'amministratore delegato Beppe Marotta smorzi la questione: «Siamo molto felici di Simone - dice il dirigente -. Sta facendo molto bene, ha margini di crescita importanti e può essere tra i migliori in circolazione, considerata la sua età».

 

 

Parole, però, di circostanza, dato che i vertici del club di Viale della Liberazione non si accontenteranno di una stagione da perdenti di lusso: per ottenere la conferma, Inzaghi dovrà vincere. Meglio il campionato, dove l'Inter insegue il Milan con 2 punti di svantaggio (e lo scontro diretto a favore permette ai rossoneri di festeggiare anche in caso di arrivo a pari punti; l'Inter, però, può contare su un calendario favorevole), ma potrebbe andare bene anche un successo in Coppa Italia nella finale dell'11 maggio contro la Juventus, che bisserebbe il trionfo in Supercoppa sempre sui bianconeri. Con due trofei in bacheca, difficilmente l'Inter rinuncerebbe a un tecnico preparato come Inzaghi, alla prima esperienza sulla panchina di un club così prestigioso, dopo i cinque anni (ottimi) alla Lazio.

Comunque, il primo pensiero del tecnico va al campo e in particolare alla preparazione della trasferta in casa dell'Udinese di domenica. Fondamentale per rialzare la testa e mettere pressione al Milan, che poche ore prima sarà impegnato nell'ostica sfida contro la Fiorentina. Per Udine proverà a rientrare Handanovic, mentre difficilmente ci riuscirà Alessandro Bastoni, fermato da un problema al soleo della gamba sinistra (al suo posto verso la conferma Federico Dimarco). Ma chiunque scenderà in campo, l'importante sarà reagire, traducendo in fatti le parole di Marotta di ieri, che sul momento dice: «Abbiamo perso una battaglia, non la guerra. Dobbiamo cercare di ricomporci: siamo incazzati, non depressi. Quattro partite, nel calcio di oggi, non sono scontate come negli anni '70 o '80. Anche la squadra che non ha nulla da dire, può dire la sua». Insomma, l'amministratore delegato suona la carica, la squadra dovrà rispondere

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