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Roberto Mancini, la nuova fase azzurra i due segreti del Ct: come vuole rivoluzionare l'Italia

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Claudio Savelli
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A Bologna, di fronte ad una Germania in bella veste, nasce finalmente la nuova Italia. Roberto Mancini saluta gli interpreti del vecchio e esaurito ciclo in colpevole ritardo e inserisce i nuovi azzurri, consapevole che ci vorrà tempo per portarli ad un livello accettabile. I club - né quelli che vendono a prezzi spropositati, né quelli che rinunciano a comprare non aiutano nel processo di svezzamento, alla Nazionale tocca mettersi in proprio. Mancio cambia gli uomini e, come un allenatore dovrebbe fare, modifica di conseguenza lo spartito tattico. Non è scontato considerando quanto vi era affezionato. L'idea dell'Italia dai mille tocchi lo ha portato al trionfo europeo e lo ha reso volto della rivoluzione contro i cliché del calcio italico, disfarsene deve essere doloroso.

 

 


Ma è necessario perché i nuovi azzurri hanno altre caratteristiche rispetto agli epurati - se non lo sono definitivamente, lo diventino alla luce di questa prima e convincente prova degli eredi. Pensare che giochino allo stesso modo sarebbe un autogol e Mancini non se ne può più permettere. Dunque mantiene il modulo, il 4-3-3, ma cambia le trame di gioco. Al posto del trio Verratti-Jorginho-Barella giocano Tonali-Cristante-Frattesi, da giocatori associativi si passa a centrocampisti box-to-box, alla inglese o anche, se vogliamo, alla tedesca. La conseguenza è logica: se teniamo meno il pallone non è un dramma, l'importante è coprire i nostri spazi e lanciarsi in quelli lasciati vuoti dagli avversari.


Quando ha il pallone tra i piedi, la nuova Italia è quindi più essenziale. Non cerca di consolidare il possesso fino ad avvolgerei rivali, muovendoli e aspettando che concedano un varco, semmai prova a sfondare le linee con passaggi e corse verticali. Gli interscambi e le rotazioni lasciano la scena a rapidi triangoli sugli esterni e lanci verticali verso Scamacca: schema liberamente ispirato ad Antonio Conte. Ecco l'altra novità: seppur acerba, c'è una punta capace di difendere la sfera spalle alla porta e di attaccare la profondità. Recapitiamole quanti più palloni possibili in modo da coinvolgerla nella partita. Se prima l'Italia aveva un volume di gioco tale da poter escludere il centravanti e sfruttarlo solo per la finalizzazione, ora ha bisogno che partecipi. Scamacca è grezzo ma, se coinvolto, è all'altezza.

 

 

 


E così cresce più in fretta. Mancini, nuovamente allenatore prima che ct, cambia anche la fase di non possesso. Se prima il pressing altissimo era orientato al pallone, ora è invece sull'uomo. Ogni azzurro è accoppiato ad un tedesco, in stile Atalanta. È più dispendioso ma anche più semplice da applicare. Così Mancio semplifica la vita a giocatori ancora incompiuti. Lancia anche Gnonto che, con i suoi 18 anni, porta il coraggio del dribbling e l'assist a Pellegrini. Due cose che nessuno offriva più. L'Italia segna, Mancini è felice. Si disinteressi del pareggio della Germania. Non consideri questo risultato né quelli dei prossimi mesi. Non sono importanti. Questa Italia bisogna farla giocare, sbagliare, pareggiare o perdere. Solo così potrà nascere. 

 

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