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Arturo Merzario striglia la Ferrari: "Basta strategie. Leclerc e Sainz liberi di gareggiare"

Lorenzo Pastuglia
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Colui che salvò la vita di Niki Lauda al Nurburgring. L'ex ferrarista Arturo Merzario, 79 anni, ci parla della F1 di ieri e del confronto interno di Maranello tra Sainz e Leclerc. Impegnati oggi nella Sprint Race del GP d'Austria (ore 16.30 con diretta su Sky Sport, differita in chiaro su TV8 dalle 20.15): Charles scatterà 2° dietro a Verstappen dopo le qualifiche di ieri, Carlos è 3°. A muro le Mercedes di Russell e Hamilton.

 

 

 

A Silverstone, Ferrari criticata per la strategia nel finale che ha premiato Sainz.
«Finalmente in Ferrari l'hanno messa da parte, lasciando liberi i piloti. Nel 2021 Sainz è stato spesso veloce, venendo ritardato però più volte. Charles sa vincere e avrà altre occasioni di vittoria».

Ma Leclerc aveva più ritmo di Carlos nonostante una parte dell'ala anteriore rotta, e la Red Bull ha già deciso di spingere Verstappen. Non teme che così la Rossa dilapidi troppi punti?
«Scene come quella in Austria nel 2001 non voglio accadano più. Vedere Barrichello lasciar passare Schumacher sul rettilineo, concedendogli la vittoria, non è stato bello. In Ferrari diano libertà ai propri piloti, siamo solo a metà campionato. Facessero come ai miei tempi, quando l'ordine di scuderia veniva deciso negli ultimi quattro GP, in base a chi era davanti».

Questo weekend si corre in Austria, cosa ricorda della Zeltweg dei suoi tempi?
«Il secondo GP di fede italiana. Tutti gli appassionati dell'alta Italia venivano lì invece che a Monza, era una gara meno costosa. Ci ho corso un mese fa con la Ferrari di Phil Hill: è molto diversa dai miei tempi. Ci sono curve a 90, saliscendi, devi spingere di motore. L'assetto sarà decisivo per la gara, per la Rossa e la Red Bull».

 

 

 

Nel 1976 ci gareggiò subito dopo l'incidente di Niki Lauda (l'incendio che ustionò gravemente il ferrarista a volto e corpo). Che clima si respirava allora?
«Eravamo tranquilli. Non perché ce ne sbattessimo di Niki, ma gli incidenti allora erano tipici, convivevi con la morte. Pensavamo tutti alla gara, anche James Hunt che se la lottava con lui per il titolo (vinto poi di un punto in Giappone, ndr). Vidi François Cevert morire davanti ai miei occhi a Watkins Glen nel '73. Di Lauda ci arrivavano solo notizie dall'ospedale, poi a Monza quando si presentò (42 giorni dopo l'incidente, ndr) rimanemmo tutti sorpresi, così come il commendator Ferrari, che fu costretto a schierare tre vetture al via per lui, Regazzoni e Reutemann».

Il primo agosto saranno 46 anni dall'incidente, come andò allora?
«Guy Edwards (pilota Hesketh, ndr) mi faceva strada tra le fiamme con un estintore, ma ci vollero tre tentativi per estrarlo dall'auto. Niki era uno che tirava le cinture tantissimo. Il fatto che svenne per aver respirato i fumi tossici dell'incendio, rilassando il suo corpo, mi aiutò. Poi lo adagiai sul prato, gli praticai respirazione e massaggio cardiaco, facendolo sopravvivere quei 50 secondi decisivi prima dell'arrivo di medico e pompieri».

Niki poi la fece arrabbiare a Monza...                                                                                                                                                                                                      «Quando arrivò là per i controlli medici, mi passò davanti senza ringraziarmi. Niki è sempre stato uno stronzo, da allora me la legai al dito fino al 2006, quando per un'intervista tv Bernie Ecclestone ci riunì nel luogo dell'incidente prima del GP d'Europa sulla nuova pista del Nurburgring. Mi chiese scusa, e lo perdonai».

 

 

 

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