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Juventus, la verità: ha i migliori giovani, chi sono

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Claudio Savelli
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I giovani della Juventus, dopo aver salvato la faccia a mister Allegri a Lisbona, proteggono la classifica a Lecce. Nel bel mezzo di un pareggio bianco, entra Iling, punta l'avversario (come Kostic prima di lui non aveva mai fatto) e serve Fagioli. Il quale tira alla Del Piero, suo idolo d'infanzia, e segna la rete della vittoria. Il 21enne regista era entrato all'intervallo al posto di un McKennie fuori ruolo, fuori forma e fuori partita, e aveva risolto metà dei problemi di manovra di una Juve che, in sintesi, non ha idea di cosa farsene del pallone perché nessuno sa cosa fare quando il pallone non ce l'ha. Il 19enne Soulé non ha brillato ma è l'eccezione alla regola dei bravi giovani bianconeri, se è vero che Miretti riesce a coltivare occasioni nell'arido deserto tattico. Tirando le somme, Allegri ha a disposizione i migliori prodotti del vivaio dell'intero campionato. Nessun altro ne ha così tanti né di un simile livello. Di solito tocca alla squadra mettere in condizione questi nuovi talenti di esprimersi. Nella Juve accade invece il contrario: sono i giovani che permettono alla squadra di creare una parvenza di gioco.

 

 

Non ha senso utilizzarli solo nell'emergenza, come a Lecce. Basti pensare che Fagioli, dopo questi 45', è stato in campo meno di Zakaria che non è più in rosa da due mesi. La Juve avvii quanto prima il futuro, visto che sembra giunta dal passato. Il primo tempo, complice anche l'atteggiamento difensivo del Lecce, sembrava infatti estratto da una serie A di inizio millennio: 4-4-2 bloccati, nessun interscambio tra i giocatori né ricerca degli spazi tra le linee o, meglio, tra gli uomini come sostiene Spalletti. Al contrario, un paio di ore prima sembrava di assistere alla serie A del futuro, osservando il Napoli che si prendeva gioco del Sassuolo.

 


Spalletti guida la miglior squadra d'Europa, eppure ha gli stessi punti dello scorso anno (32). Stavolta, però, non ha attorno diffidenza. C'è un sano entusiasmo al Maradona, di nuovo gremito. Il pubblico è abituato alla bellezza del gioco dai tempi di Sarri ma solo ora riesce a goderne senza pensare per forza all'obiettivo. Solo se mantiene questo atteggiamento, la città può accompagnare il Napoli alla vittoria. L'unica incognita resta la reazione alla prima sconfitta. Chi insegue ci è già passato, la capolista non ancora. L'Inter, ad esempio, è in piena reazione. Dopo il peggior inizio della gestione, sta offrendo la miglior versione di sé degli ultimi due anni. Quando passi da zero a cento in così poco tempo vuol dire che il problema era mentale. I giocatori hanno sofferto lo scudetto perso, è stato uno schiaffo alla loro consapevolezza. Ora sono tornati. Quella di De Vrij è l'evoluzione più evidente. Ma anche Bastoni (assist) e Barella (terzo gol consecutivo in A, quarto nelle ultime 5 gare) sono di nuovo determinanti. L'Inter ha perso quattro volte su 12 in campionato, un terzo del totale, mentre lo scorso anno a questo punto era caduta una volta. Però ha un solo punto in meno. È lontana dal Napoli. Non più da un'ipotetica rimonta.

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