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Serie A, ecco chi sono i "Gagliardini" di questo campionato: nomi pesanti

Claudio Savelli
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 In serie A c’è più di un Gagliardini. Ovvero un giocatore che delude le aspettative e si trasforma in un peso. Quando si arriva a quel punto, il fastidio è reciproco e irreparabile: la società e i tifosi non vedono l’ora di liberarsi del calciatore il quale, a sua volta, non vede l’ora di cambiare aria per dimostrare il suo valore, nella convinzione che qui non è stato compreso. Gagliardini ha già espresso questo desiderio mesi fa e non ha creato simpatie in una tifoseria già piuttosto ostile. Con la sequenza di falli (cinque) con cui si è fatto espellere contro il Napoli, va a finire che non lascia nemmeno un buon ricordo. Fosse stato al Meazza, sarebbe uscito tra i fischi. Per sua fortuna era al Maradona.

Molto spesso sono i soldi spesi per il cartellino o per lo stipendio a gonfiare le attese: Gagliardini, ad esempio, è stato il primo acquisto dell’era-Suning per 25 milioni, e ancora oggi se li porta dietro perché mai ha reso per quella cifra all’Inter. Vale anche per Correa, pagato 30 milioni alla Lazio, e Bellanova (10 milioni tra prestito e eventuale riscatto, ancora da confermare, al Cagliari) che di recente ha candidamente ammesso di aver patito i fischi dopo una manciata di minuti in Inter-Empoli a gennaio. Da quel purgatorio è difficile uscire. Ne sa qualcosa Paredes. A lui, i tifosi della Juventus non perdonano l’ingaggio: 8 milioni a stagione per un simile rendimento in effetti sembrano rubati. Diverso è l’atteggiamento verso Pogba, per cui si nutre ancora un po’ di affetto per gli anni di gloria, anche se per l’ultimo infortunio erano più i borbottii degli applausi di incoraggiamenti.

 

 

E che dire di Rugani, uno dei più martellati in questi anni bianconeri, che mai ha reso per quanto ha guadagnato, anche se mai se ne è lamentato. Cosa che faceva invece Bernardeschi: l’atteggiam e n t o passi vo-aggressivo non viene mai ignorato. In altri casi, come Ibanez nella Roma o Musso nell’Atalanta, l’insofferenza viene dalle prestazioni. Ci si domanda come sia possibile alternare cose buone a disastri inenarrabili. Al Milan, di casi-Gagliardini ce ne sono parecchi, a partire da De Ketelaere, entrato nell’imbuto lentamente e oggi incastrato in profondità. Ad ogni suo tocco di palla, scatta il brusio. Il risultato è lo sperpero di un patrimonio, se è vero che il Milan ha pagato 35 milioni un giocatore che ora ne vale sicuramente meno. Non si può dire altrettanto di Origi, arrivato da svincolato, e Rebic che fu scambiato per André Silva (altro cortocircuito), ma verranno messo sul mercato per lo stesso motivo: né Pioli né il pubblico sanno più come spronarli. Che dire di Jovic, giunto alla Fiorentina in pompa magna e eclissatosi fin da subito sotto i fischi dei tifosi. Ma se già a ottobre esulti in modo provocatorio dopo un gol, non ti aiuti. Da notare che l’insofferenza si verifica soprattutto nelle grandi piazze, ma anche che ce n’è meno rispetto agli anni scorsi: sia i club sia i tifosi hanno  più pazienza, sanno che ci vuole tempo per costruire buone squadre e svezzare grandi giocatori. Ci sono casi, poi, in cui i giudizi sono affrettati e il calciatore è in grado di smentirli. Vedi Patric nella Lazio, sbeffeggiato e poi apprezzato, o Rabiot nella Juventus o ancora Acerbi nell’Inter. Il tifoso nota l’impegno e ama chi si fa in quattro. Soprattutto l’abitudinario dello stadio è più attento e competente di quanto si pensi. Sa cambiare idea su un giocatore. Se non la cambia, forse aveva ragione fin dall’inizio. 

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