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Allegri e Rudi Garcia, stesso errore: che fine rischiano

Claudio Savelli
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Il cinguettio di De Laurentiis («Il Napoli riparte da Bologna. Bravi tutti!») sembra una presa in giro. I giocatori più importanti della squadra si stanno ribellando a Rudi Garcia (dopo Kvara, a Bologna è stata la volta di Osimhen) e il presidente che fa? Dice che sono stati bravi? Mah. La carota quando servirebbe il bastone.

Forse è un messaggio indirizzato a se stesso, una sorta di auto incoraggiamento, un invito a portare pazienza e a non perdere la speranza che tutto torni come prima. Ad oggi la scelta di Rudi Garcia per la panchina non sta pagando. I complimenti ante-litteram del presidente («È un grande uomo», eccetera eccetera) e la giustificazione della decisione con il modulo non hanno agevolato un compito ingrato. «Rudi Garcia usa il 4-3-3 come Spalletti», disse infatti De Laurentiis questa estate, come se il sistema di gioco fosse la sola cosa importante nel calcio. Ebbene, non lo è. Contano i principi e quelli di Rudi Garcia sono lontani anni luce da quellidi Spalletti.

 

 

L’impressione è che la città e i tifosi napoletani abbiano studiato e capito il nuovo allenatore meglio di chi lo ha scelto. A questa idea hanno aggiunto un sacrosanto pregiudizio: se Rudi Garcia era uscito dal giro del grande calcio, un motivo ci sarà. I tifosi, però, non sono un problema, cambiano idea facilmente. I calciatori, al contrario, si fissano. Per questo sono preoccupanti le reazioni di Osimhen e Kvara. Si ribellano all’autorità di Garcia perché pensano di avere uno status a lui superiore. Loro hanno vinto lo scudetto, il tecnico no. Ecco il cortocircuito. Ricordano i tripletisti dell’Inter che passarono da amare Mourinho a odiare Benitez. Allenare una squadra vincente e funzionante è sempre complicato, lo è di più quando un allenatore vuole imporsi sudi essa. Ecco perché al Napoli serviva un giovane tecnico in rampa di lancio. Non uno che vuole far crescere i calciatori ma uno che cresce grazie ad essi. Sarebbe stata una gerarchia chiara che avrebbe responsabilizzato questi presunti leader.

 

 

 

Certo, Rudi Garcia non si aiuta. Con il cambio di Osimhen a cinque minuti dalla fine, sembra cercare lo scontro. Così concede il fianco, appare come un allenatore che combatte per mantenere l’autorità. Vuole (anche giustamente) essere protagonista di questo Napoli ma in questo momento avrebbe bisogno di un mantello dell’invisibilità per lavorare sul gioco e basta. Questo mantello, Inzaghi l’ha indossato a lungo. I nerazzurri lo apprezzano soprattutto per questa sua invidiabile capacità di restare sullo sfondo. Ne avrebbe bisogno anche Allegri che ogni tanto parla dal piedistallo. Dopo il ko contro il Sassuolo ha puntato il dito contro l’atteggiamento dei suoi («Farfallino»), senza ammettere alcuna responsabilità in merito. Aveva una settimana per preparare la partita: le “avvisaglie” di cui ha parlato potevano essere affrontate prima, piuttosto che evidenziate dopo. Domani sera contro il sorprendente Lecce affronta il primo crocevia della stagione: il gruppo gli darà ascolto o si girerà dall’altra parte?


 

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