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Stefano Pioli, l'ultimatum: Milan, cosa è successo nelle ultime ore

Claudio Savelli
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Il Milan conferma Stefano Pioli. Questa è la notizia. Il punto ora è capire perché. L’esonero del fu mister-Scudetto, richiesto a voce sempre più grande dai tifosi rossoneri, avrebbe due effetti collaterali. Il primo: chi lo sostituisce? Antonio Conte è l’unico top-manager a piede libero ma non è disposto a subentrare in corsa, quindi non c’è un uomo, almeno in teoria, per cui valga la pena sacrificare l’allenatore dell’ultimo tricolore. Secondo: sarebbe come ammettere di aver sbagliato in estate. Perché Pioli è l’unico superstite del vecchio corso guidato da Maldini e Massara, è stato scelto come punto di congiunzione tra passato e futuro da Cardinale in persona. Esonerarlo vorrebbe dire rimangiarsi tutto e, soprattutto, ricominciare da capo. Il paradosso è che sembra essere esattamente ciò di cui il Milan ha bisogno.

Ma questa è una percezione di chi vive il Milan da vicino, di chi lo annusa, di chi guarda tutte le partite e, soprattutto, le capisce. La proprietà americana ha tutto un altro background, ed è strano che abbia licenziato gli unici dirigenti che sono nati e cresciuti nel calcio. La cosa che inquieta di più è che non si conosce la percezione della situazione di Cardinale. Non sembra sentire il pericolo, se è vero che ieri è rimasto a Milano per impegni già presi, non per lo sprofondo europeo. Sul menù di giornata ha messo la questione stadio e il ruolo di Ibrahimovic, presente in tribuna al Meazza, su cui si discute troppo e da troppo: quando, come e perché verrà ingaggiato? Il suo ingresso sta diventando una telenovela in un momento in cui servirebbero scelte nette e immediate. Anche il pranzo a Milanello di mister Red Bird (un’ora e 40 minuti) era programmato da tempo ed è servito a rassicurare Pioli, non a metterlo in discussione.

 


 

APPROCCIO AMERICANO
L’approccio americano andrebbe spiegato, invece Moncada non parla, Furlani lo fa solo in alcuni prepartita, anche per accordi con la Uefa, Scaroni affronta solo la questione stadio. Chi fa filtrare l’idea del Milan sulla situazione che si è creata? L’unica dichiarazione ufficiosa dopo il capitombolo con il Borussia Dortmund è che «la Champions del prossimo anno è fondamentale per i conti», quindi l’obiettivo è un posto tra le prime quattro che, ad oggi, sarebbe centrato. Motivo per cui Pioli (il cui contratto da 4,2 milioni netti a stagione scade nel 2025) rimane in sella e si continua così. Il Milan, secondo chi lo possiede, è nei parametri. Ma i tifosi che masticano calcio a colazione, a pranzo e a cena intuiscono che la stagione sta prendendo una brutta piega. Non c’è contestazione, c’è qualcosa di peggio: rassegnazione. Un segnale? La canzone su cui si cantava Pioli is on fire è stato bandita nei pre-gara su richiesta della curva rossonera. Se per il popolo rossonero la situazione è destinata a peggiorare, per la proprietà è tutto sotto controllo e, anzi, può solo migliorare. Gli alibi in realtà sono cause di una crisi di identità e gioco, ancor prima che di risultati. Il mercato non funziona? Ma per la prima volra è stato cucito su misura del mister. Gli infortuni sono troppi? Non può non essere una colpa dello staff di Pioli, quindi anche di Pioli stesso, che ne è responsabile.

Nessun grande club impegnato in Europa ne conta quanti il Milan. Avesse una rosa di giocatori consumati, si potrebbe anche capire, ma di over-30 in campo solitamente c’è solo Giroud, peraltro uno dei pochi a non essersi fatto male. Se Thiaw si è fatto male al bicipite femorale come la maggioranza dei compagni prima di lui, vuol dire che è sbagliata la preparazione della squadra. La lesione per il centrale tedesco è «severa», come recita il comunicato del club: almeno due mesi, quindi arrivederci al 2024. Ora Pioli rimane con un solo centrale a disposizione, Tomori, che è pure diffidato in campionato (occhio al rampante Frosinone, sabato sera) anche perché di Kjaer la società non ha mai comunicato nulla. Un mistero. Gli infortuni stagionali nel Milan sono 25, di cui 18 muscolari. Sono 89 le gare saltate in soli tre mesi di stagione. E non è una novità: la scorsa annata fu identica, ogni partita almeno quattro indisponibili. Così come il gioco del Milan non è involuto quest’anno ma dava segnali di cedimento già un inverno fa. Poi la semifinale di Champions e l’ingresso nelle prime quattro, offerto dal suicidio della Juventus, hanno nascosto la polvere sotto il tappeto. Ma il tappeto ora si fa corto, mentre la polvere aumenta. 

 

 

 

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