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Roberto Baggio, il tormento che lo divora: "Sotterrarmi con un badile. Non me ne libererò mai"

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Un'intervista fiume, a cuore aperto. Parla Roberto Baggio. E non lo fa spesso. Si concede al Corriere della Sera, in un colloquio firmato da Walter Veltroni in cui ripercorre tutta la sua carriera. E la sua vita. 

Difficile essere un numero 10? "Sì, lo è sempre stato. Era già complicato ai miei tempi. Eravamo sempre discussi. Zola, ad esempio, per giocare è andato a Londra. Ora ce ne sono di meno, sono un genere in via di estinzione. Bisognerebbe stare dentro il mondo del calcio di oggi per capire le ragioni di questa eclissi della fantasia. Io non ci sono. So solo che per me quel numero corrispondeva al desiderio di fare le giocate, di inventare, di sentirsi liberi", risponde il Divin Codino alla prima domanda.

Dunque sul primo infortunio: "A 18 anni mi esplode un ginocchio, quando mi svegliai e vidi la mia gamba dissi a mia madre che, se mi voleva bene, doveva ammazzarmi". Già, gli infortuni: una tortura, per Roberto Baggio, con una carriera costellata da molti intoppi fisici e in cui ha dovuto fare i conti, sempre e comunque, con il dolore fisico.

 

Ovviamente si parla anche del rigore sbagliato a Pasadena, nella finale dei mondiali del 1994 contro il Brasile. "Cercavo un badile, mi volevo sotterrare, ca***. Mamma mia, mamma mia. Non si possono cancellare cose così. Quella partita, proprio Italia-Brasile, l’avevo sognata e immaginata tante volte quando ero bambino. Avevo tre anni ma la sconfitta del 1970 non riuscivo a dimenticarla. Volevo vendicare Riva e gli altri. Era il mio sogno, davvero. E quando è finita così mi è crollato il mondo addosso", ammette. E ancora, quando Veltroni gli chiede se c'è un errore nella vita che non rifarebbe, Baggio non ha dubbi: "Sì, c'è. Il rigore di Pasadena. Non riesco a liberarmene", conclude. Un tormento che, probabilmente, non si spegnerà mai.

 

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