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Lazio-Milan, Di Bello fermato per un mese: arbitri nel pallone

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Gabriele Galluccio
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Qualcuno salvi il soldato Rocchi. Che fatica la vita da designatore arbitrale in questi tempi cupi per i fischietti d’Italia. In un momento in cui la categoria è sotto pressione, tra attacchi interni ed esterni (su tutti, l’inchiesta-terremoto de Le Iene), ci ha pensato Di Bello a gettare ulteriore benzina sul fuoco con una gestione scriteriata di Lazio-Milan. È ironico che Rocchi sia strato tradito proprio dall’uomo che ha definito una “eccellenza” soltanto qualche mese fa e che invece è incappato nel secondo stop forzato della stagione. Sì, perché il fischietto brindisino era già stato “protagonista” di uno degli episodi più clamorosi degli ultimi tempi, quello del rigore solare negato al Bologna nel match d’andata con la Juventus. In quel caso a farne le spese fu anche la premiata ditta Fourneau-Nasca che in sala var riuscì nell’impresa di non vedere un fallo evidente.


L’altra sera all’Olimpico il signor Di Bello si è addirittura superato: un conto è prendere un abbaglio con la compartecipazione di altre persone, un altro è arbitrare così male da influenzare un’intera partita. Il rosso a Pellegrini che ha favorito il Milan è un pasticcio: Di Bello avrebbe dovuto fermare il gioco perché Castellanos era a terra a causa di un colpo al volto, poi il terzino biancoceleste ha oggettivamente compiuto una sciocchezza, dato che gli sarebbe bastato buttare fuori il pallone anziché cercare lo scontro con Pulisic. Da quel momento la situazione è completamente sfuggita di mano, con cartellini esibiti a destra e a manca e la Lazio lasciata in otto per le espulsioni di Marusic e Guendouzi.

 

 

OCCHIO AL “VIGILE”
La morte del calcio è quando al fischio finale si parla unicamente dell’arbitro, come è purtroppo accaduto in questo caso. Tralasciando le sparate del presidente Lotito, le reazioni dei calciatori biancocelesti fanno ben comprendere quanto sia stato fastidioso l’atteggiamento di Di Bello, definito un “vigile” che anziché cercare un dialogo ha preferito la strada delle “multe” a profusione, favorendo il caos che è poi sfociato in una rissa. Immaginiamo che all’Aia siano furiosi con Di Bello non solo per la prestazione pessima, ma anche e soprattutto per aver esposto con manie di protagonismo a ulteriori imbarazzi una classe arbitrale che è praticamente in disarmo. Soltanto in questo campionato sono già stati sospesi quattro fischietti: due volte Di Bello, una a testa Fabbri e Massimi. Senza dimenticare tutti gli errori più o meno clamorosi in sala var, che hanno costretto i vertici a infliggere numerose punizioni. Davanti al monitor “spicca” su tutti il signor Nasca, che è riuscito addirittura a essere recidivo nell’arco di pochi mesi: un’impresa non facile rendersi protagonista di ben tre episodi controversi.

Era infatti al var in occasione della gomitata a Duda in Inter-Verona e del fallo da rigore su Ndoye in Juventus-Bologna, nonché del tiro dal dischetto assegnato al Lecce contro il Bologna a recupero ormai finito. Se gli errori al var fanno rabbia perché impossibili da giustificare se non con una profonda incapacità, Di Bello stavolta non è stato da meno: al di là dei singoli episodi, la sua gestione è indifendibile anche per l’Aia, che pure cerca sempre una scappatoia per non ammettere i difetti dei propri fischietti. Come nel caso di Massa, che pare sia stato promosso a pieni voti dopo Napoli-Inter, finito 0-3 tra le polemiche per un presunto fallo su Lobotka non sanzionato in occasione del gol di Lautaro dello 0-1 e per un rigore su Osimhen non concesso che avrebbe potuto valere il pareggio. Tornando al signor Di Bello, è certo che finirà di nuovo in panchina, dove è già rimasto seduto per 36 giorni dopo quel famoso Juventus-Bologna. Stavolta sarà favorito dalla pausa per le nazionali, quindi non saranno molte le partite che salterà: presto potrà tornare a esibire il suo talento naturale, quello di sventolare cartellini a caso. Ironia a parte, in mezzo a tante dichiarazioni esegerate Lotito forse non ha tutti i torti quando dice che questo sistema non è più affidabile. L’impressione è che, sentendosi insostituibili e quindi intoccabili, gli arbitri si cullino in un senso di sicurezza che li ha fatti diventare semplicemente... scarsi. 

 

 

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