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Italia sulle orme di Sivori e Camoranesi: gli azzurri ancora agli oriundi

Claudio Savelli
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Avercene di oriundi come l’argentino Mateo Retegui o il brasiliano Jorginho, centravanti e regista che hanno salvato l’Italia contro il Venezuela e salveranno le prossime. Perché un centravanti e un regista italiani migliori di loro non esistono, e di sicuro non spunteranno da qui a giugno, quando inizieranno gli Europei. Anziché respingerla, dovremmo quindi benedire la presenza di Retegui e Jorginho. Un attaccante come quello del Genoa è oro colato per una Nazionale che fatica a riempire l’area.

Retegui non sarà pulitissimo dal punto di vista tecnico, ma l’Italia ha molta qualità alle sue spalle e, soprattutto con Spalletti, ha bisogno di un centravanti da stoccata più che di manovra. L’anno tra le mani di un ex centravanti come Gilardino, peraltro campione del mondo nel 2006, lo ha educato ai movimenti necessari verso la squadra e non solo verso il gol come accadeva prima. Così Retegui ora si innerva più spontaneamente al gioco azzurro e di contro non ha perso il fiuto della rete e la capacità tipicamente argentina (vedi Lautaro, o ripensa a Milito) di immaginare ed eseguire il tiro in pochissimo tempo: entrambi i gol al Venezuela, oltre a portare a 4 reti in 346’ il bottino in azzurro (una ogni 87’), certificano questa qualità.

 

 

REDENZIONE
Il secondo gol di Retegui nasce da un recupero e una rifinitura di Jorginho, ritenuto dai più il passato da cancellare. Colpa dei due rigori sbagliati contro la Svizzera che sono costati il Mondiale, e il tentativo di redimersi dello scorso novembre contro la Macedonia non ha aiutato, ma facciamo così: non li tiri più. Perché per il resto è ancora il miglior regista azzurro. Non a caso, dopo un mese di panchina a dicembre, è tornato titolare e l’Arsenal di Arteta è diventato capolista in Premier ed è avanzato ai quarti di Champions. Jorginho mette ordine e pulizia in formazioni che tendono a fare confusione, e l’Italia in questa fase è una di queste: nei 25’ con il Venezuela ha toccato il pallone 19 volte con il 94% di precisione e un passaggio chiave, oltre a 3 duelli vinti, e domani (alle 21, diretta Rai Uno) contro l’Ecuador sarà giustamente titolare. Altro che l’Italia agli italiani per forza e per sempre. L’Italia agli azzurri, semmai. E per azzurri intendiamo chiunque sia forte e tesserabile, quindi convocabile dal commissario tecnico. Siamo l’ultima grande federazione ad aver capito di poter fare scouting sui giocatori dal doppio passaporto. Retegui è solo il 50esimo oriundo nella storia della Nazionale di calcio italiana. Pochi sono stati utili, è vero, e di recente ricordiamo le meteore Joao Pedro e Luiz Felipe. Toloi e Emerson Palmieri, però, sono campioni d’Europa e in qualche modo hanno aiutato la causa.

 

 

Uno come Thiago Motta non è stato compreso e valorizzato, anche perché è entrato nell’Italia peggiore dell’ultimo ventennio. Altri come Osvaldo, Amauri ed Eder furono chiamati per colmare il vuoto del centravanti di cui parliamo ancora oggi. Il miglior oriundo è stato Camoranesi, tra i titolari della Nazionale campione del Mondo nel 2006: un giocatore perfetto per il 4-4-2 di Lippi. Prima di lui c’è un buco di oltre 40 anni, segnale di buona salute della Nazionale ma anche di chiusura mentale dovuta alle delusioni precedenti. Bisogna infatti tornare agli anni ’50 e ’60 per trovare altri 14 oriundi in azzurro, ma tra di loro c’erano dei campionissimi del gioco come Sivori, Altafini e Angelillo che delusero le aspettative. Ma il mondo va avanti e ora l’Italia ha bisogno di alcuni oriundi per essere l’Italia, dunque restano due cose da fare: essere bravi a sceglierli e a farsi scegliere.

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