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Giovanni Sartori ha colpito ancora: l'uomo dietro al miracolo Bologna

Leonardo Iannacci
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 Scippando il titolo di una fortunata serie tv, qui sotto le Due Torri hanno coniato un slogan azzeccato per la pattuglia dei miracoli che ha conquistato la Champions League: Bologna, più di una squadra.

È innegabile, difatti, che l’impresa - perché di impresa si tratta - è collegata a una strategia societaria e tecnica che, da paio d’anni, vince di vita propria. Da quando c’è Thiago Motta in panchina, certo, e difatti l’ex cervello dell’Inter del Triplete è uno dei tecnici più ricercati da mezza Europa: a Torino giurano sia già della Juventus, a Bologna invece sottolineano che un ultimo tentativo per trattenerlo non è utopia anche se Thiago vorrebbe contare di più nelle scelte di mercato.

Quella che, con un neologismo calcistico, chiameremo la felice “atalantizzazione” del Bologna ora terzo in classifica ha però la genesi in un altro nome: quello di Giovanni Sartori, 65enne stratega occulto di una squadra che ha stupito l’Italia tutta perché ricca di ottimi giocatori acquistati a poco e che sono ora vere perle del mercato. Nomi arrivati con una quotazione normale il cui valore è cresciuto a dismisura, per merito di Motta e di Sartori, già mago del Chievo dei miracoli, dell’Atalanta di Gasperini e ora password indispensabile per interpretare i successi di un club che ha conquistato la Champions dopo nove anni di gestione Joey Saputo, non tutti felici.

 

 

 

ACCOPPIATA VINCENTE

Stagioni in cui il re dei formaggi nato a Montreal ma con sangue italiano nelle vene, si è pian piano innamorato dei colori rossoblù, ha sbagliato scelte e uomini (Riccardo Bigon da diesse ha fatto più danni che altro) ma che, dopo il drammatico addio a Sinisa Mihajlovic con il quale tutto è ripartito, ha azzeccato la nomenclatura del club con l’accoppiata Sartori-Marco Di Vaio. «Non uso whatsapp, seguo al video i giocatori che possono interessare ma soprattutto salgo su un aereo e vado a vederli dal vivo. Zirkzee lo conoscevo dai tempi del Parma, quando si infortunò. Poi è stato in Belgio e quando ha segnato16 gol con l’Anderlecht mi ha convinto», ha detto Sartori, uno che parla ogni 3-4 mesi e poi si silenzia, come in questi giorni di felicità. «Vedo dal vivo una novantina di partite all’anno, possibilmente in campionati diversi dalla Premier, dalla Liga e dalla Bundesliga. I giocatori li cerco altrove: Belgio, Olanda, Svizzera, Danimarca e Scozia sono realtà interessanti».

Qualche nome di talenti usciti dal cilindro magico di questo ex centravanti anni ’60-’70, con scarso talento ma in grado di vincere uno scudetto con il Milan nel 1979? Joshua Zirkzee, acquistato per 12 milioni e ora valutato 50. Per passare a Lewis Ferguson, il cui valore è passato dagli iniziali 5 milioni a 20, e alla sorpresissima Riccardo Calafiori, preso dal Basilea per 4 milioni e ora in procinto di passare alla Juventus per 30. Bologna, dicevamo, è il terzo miracolo di Sartori, il sarto che ha cucito il Chievo dal 1992 al 2014, poi l’Atalanta sino al 2022 dove ha centrato acquisti incredibili (Gomez, Kessie, Ilicic, De Roon, Zapata, Koopmeiners). Infine, dopo una brusca rottura con Gasperini, dal 2022 al Bologna. Il futuro è adesso sotto le Due Torri ma Sartori è già un passo avanti. Nel gennaio scorso ha iniziato a costruire la squadra 2024-25: è già a Casteldebole il difensore nazionale serbo Mihajlo Ilic, 20 anni, erede del partente Calafiori.

 

 

 

UN PASSO AVANTI

E Santiago Castro (19 anni), uno dei talentini dell’Argentina olimpica: pur diverso tatticamente, potrebbe essere l’erede di Zirkzee. Non perde tempo il sarto dei miracoli e qui a Bologna non sono neppure tanto spaventati se qualche pezzo da novanta prenderà il volo. Dispiacerà, ovvio, e tutti se ne faranno una ragione anche se lo stesso Thiago Motta - non in sintonia tecnica proprio con Sartori- saluterà una piazza che lui dice di «amare molto, dal primo minuto in cui è arrivato». Ma una certezza, sotto le Due Torri, c'è: il sarto dei miracoli che parla poco e azzecca giocatori, creando plusvalenze preziose. Non è poco.

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