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Zlatan Ibrahimovic, la foto in panchina? Finisce male: rivolta al Milan

Federico Strumolo
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Zlatan Ibrahimovic non ha ancora proferito parola da quando è dirigente del Milan. Che poi non è dirigente del Milan ma di Red Bird, il fondo proprietario del club, ma questa è una parentesi da aprire in seguito. Non ha proferito parola perché pare essersi messo a studiare il ruolo a lui nuovo, cosa buona e giusta.

Poi però, dal nulla, pubblica un post sui social con sé stesso fotografato in panchina al Meazza e la caption che recita “4-3-3”. Cioè il dirigente silenzioso in uno dei momenti più delicati della storia recente del Milan con la tifoseria in rivolta e nel bel mezzo dell’addio a Pioli, l’allenatore che peraltro lo ha rimesso al centro del club, e della delicatissima ricerca del successore, Ibra se ne esce con un contenuto di cazzeggio. Per di più, al solito, autocelebrativo. Se ne poteva fare a meno. Se ne doveva fare a meno.

Dice il saggio che era un modo per sdrammatizzare “alla Ibra”. Vero, per carità, ben venga chi si prende poco sul serio ma c’è modo e modo di farlo e, soprattutto, c’è momento e momento. Rafa Leao alimenta il cortocircuito commentando “Mister”. E via di dubbi, domande, richieste dei tifosi più ingenui: non è che alla fine della fiera sarai tu, Ibra, il nuovo allenatore? Se lo dice Leao, in fondo, potrebbe anche essere vero... Altri cercano di risolvere il rebus, sapendo che Zlatan in fondo ha sempre comunicato così sui social. E allora pensano: pubblica sé stesso in panchina perché non è d’accordo sulla scelta dell’allenatore? Non è Ibra a decidere l’allenatore? Chi sceglie? Chi comanda nel Milan? Ha scritto 4-3-3 ma Fonseca usa il 4-2-3-1, allora chi sarà il nuovo mister? E così via... Magari Ibrahimovic non è a disagio in mezzo a tutti questi retropensieri dei tifosi ma dovrebbe considerare anche l’eventuale disagio altrui. È lì per il club, non per sé stesso.

 

Nello specifico dovrebbe considerare che Fonseca non avrà vita facile visto lo scetticismo dell’ambiente. Al Milan serve la voce di un dirigente carismatico, e Ibra può esserlo se la smette di essere l’Ibra-calciatore. Non tutti i tifosi sono fessi come si è portati a pensare e infatti molti si sentono presi in giro. «Hai perso la credibilità che avevi da calciatore» è il più elegante dei commenti contrari sotto il post di Zlatan. Più che altro comunica ancora come se fosse un calciatore. Puoi anche essere stato un semidio in campo, ma fuori è tutta un’altra storia: non può pensare che le sue azioni non abbiano riflessi sugli altri. In più è normale che i tifosi abbiano gli occhi su Ibra in questo momento: sono alla ricerca di un riferimento che Furlani e Moncada non sono, altrimenti non sarebbe stato necessario l’inserimento dello stesso Zlatan. Dunque l’attenzione dovrebbe essere massima. Invece quasi contemporaneamente all’enigma sui canali personali esce il video-annuncio della Kings League, il torneo-videogioco per gli ex campioni, di cui lo svedese è testimonial. Molti milanisti giustamente impazziscono: vedono Ibrahimovic ovunque tranne dove serve, cioè davanti ad un microfono a parlare del Milan.

 

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