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Repubblica, scivolone su Rossella Flamingo: "L'amica di Diletta Leotta". Esplode la polemica

Luca Beatrice
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Scrivere sui giornali è un mestiere bellissimo. Cucinare titoli e occhielli anche meglio, significa star dentro la macchina e licenziare un pezzo che si faccia leggere, attraente, talora provocatorio, meglio se fa arrabbiare qualcuno. Ecco perché non bisogna recitare mai la morale a nessuno. Il rischio di uno scivolone, di una figura di palta, è sempre dietro l’angolo. Ad alcuni specialisti, a chi ama un giornalismo bello aggressivo, tutto sommato importa poco, il politicamente corretto è visto non come un nemico ma come un’assurdità e dunque se si può smascherare, sbertucciare, tanto meglio. Più complicata se la gaffe capita ad altri, a chi alle proprie affermazioni ci presta un’attenzione spasmodica e poi gli capita l’incidente. Sono i giornali progressisti, le testate dei giusti, gli eroi dalle ginocchia sbucciate in nome dell’antifascismo, chi conduce una battaglia quotidiana per affermare il ruolo e l’importanza delle donne nella società contemporanea.

E poi dal nulla ecco la classica buccia di banana, lo scivolone, la rettifica, le scuse anche se “xè peso el tacon del buso”, come dicono a Padova. Gli avranno fatto un mazzo tanto al responsabile, c’è da dispiacersi per lui con autentico sentimento di solidarietà umana. Capita dunque che alle Olimpiadi di Parigi la squadra femminile di spada vinca l’oro. Per festeggiare l’impresa sportiva ecco il roboante titolo di Repubblica, “le 4 regine: l’amica di Diletta Leotta, la francese, la psicologa e la veterana”. In una seconda versione il riferimento alla bella presentatrice viene sostituito da “la musicista”, ma ormai la frittata è fatta perché il web è dotato di ottima memoria, soprattutto per le scemenze e le gaffe.

 

 

Uno strillo che ha fatto molto arrabbiare Margherita Granbassi, ex schermidora, bronzo a Londra 2008 nel fioretto (individuale e a squadre) e ora conduttrice televisiva, che in diretta su Eurosport non gliele ha mandate a dire, con tutte le ragioni del caso. «E no... loro si chiamano Rossella Flamingo, Mara Navarria, Alberta Santuccio, Giulia Rizzi», ha specificato, rifilando così una bella stoccata al giornale che sull’antisessismo ha eretto la propria bandiera. Ci fossimo trovati noi al loro posto ci avrebbero massacrati, i soliti stronzi di Libero, masc hilisti e maleducati, ignoranti che di quella valente sportiva sanno solo che è amica della bionda famosa.

Fossero stati quattro maschi si che avrebbero messo i nomi, fossero stati quattro calciatori li avrebbero esaltati, perché degli sport “minori” non interessa nulla e di quelli femminili anche peggio, della loro esistenza ce ne accorgiamo solo alle Olimpiadi poi per quattro anni spariscono. CafonazA sinistra Rossella Fiamingo. Lei e Gregorio Paltrinieri fanno coppia dai Giochi di Tokyo. L’altro ieri hanno vinto negli stessi minuti due medaglie olimpiche a Parigi. In alto i due titoli di Repubblica apparsi sul sito web: nel primo in basso la campionessa olimpica viene derubricata ad amica di Diletta Leotta. Nel secondo, in alto, corretto in seguito, l’espressione infelice viene sostituita da “musicista”. La Leotta ieri ha stemperato le polemiche: «Orgogliosa e onorata di essere amica tua, campionessa».

 

Invece questo giro è capitato a Repubblica e viste le loro continue campagne per un giornalismo di qualità e l’insistita diffamazione nei confronti delle testate di area governativa, gli insulti unilaterali che non risparmiano chi è di destra, uomo o donna non importa lì però il leader è La Stampa, un tempo organo moderato, negli ultimi anni francamente irriconoscibile nella sua ritinteggiatura di rosso - si potrebbe quasi dire che gli sta bene e goderne ridacchiando. E invece no, per almeno due motivi. Il primo è che siamo persone d’onore, non esulteremmo mai per l’incidente di un collega o per lo strafalcione di un titolista, per un errore o una svista.

Nel nostro mestiere si sbaglia e se c’è buona fede non c’è grave colpa, perché noi siamo persone all’antica, valore non proprio condiviso da tutti. Il secondo, molto più radicato, è che il politicamente corretto si sta rivelando ogni giorno che passa un’idiozia totale e presto se ne renderanno conto anche a Repubblica e alla Stampa a furia di pubblicare pezzi alla camomilla con titoli noiosi, a meno che non si tratti di dileggiare i soliti destri.

Chi ha omesso i nomi delle spadaccine pensava di essere rimasto al clima della commedia scollacciata all’italiana sul genere la mora, la bionda, la prosperosa, l’insegnante, la preside ecc... Già qualcosa che non abbia messo la figlia di D’Artagnan o la nipote di Zorro, eppure nonostante sia di Repubblica continuiamo a pensare che non l’abbia fatto apposta e che il dolo non ci sia. Noi almeno la serenità di giudizio non l’abbiamo perduta.

 

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