Grazie al katze. Inteso come “gatto”, in tedesco. Il gatto di Jannik Sinner, insolito protagonista del weekend insieme al Pandino del numero 1 del tennis. Inteso stavolta come piccola Panda, l’utilitaria per eccellenza.
La Volpe di San Candido è un po’ il Clark Kent dello sport mondiale. In campo, sul cemento ma pure sulla terra rossa e magari sull’erba di Wimbledon, è un Superman vestito talvolta in maniera altrettanto discutibile. Ma fuori, nella vita reale, è un ragazzo normale. Troppo normale. Per qualcuno uno “sfigato”. Un “montanaro”.
E via di sfottò.
Sarà per quell’accento tedesco che lo fa sembrare così poco cosmopolita. Sarà perché al gossip preferisce una sessione extra di allenamenti sul servizio, e lo conferma il fatto che per mesi è stato fidanzato con Anna Kalinskaya e di loro insieme ci sarà sì e no una manciata di foto.
Oppure sarà perché preferisce starsene zitto tanto quando non gioca quanto, soprattutto, quando gioca, anziché agitare i pugnetti o portarsi le dita all’orecchio, ammiccando al pubblico e facendo un po’ di show come la sua nemesi, Carlos Alcaraz.
Ecco, ricordate il gatto e la Panda? In questa storia c’entra proprio lo spagnolo che una settimana fa lo ha battuto al Roland Garros in una delle più epiche finali degli Slam di sempre (di sicuro, la più lunga). Dopo la sbornia parigina, il fenomeno di Murcia ha pensato bene di “staccare” andando a Ibiza, prima in discoteca e poi al mare. Amici, balli scatenati, telefonino, qualche cocktail. E giù tutti ad applaudirlo: bravo, sei un vincente, goditi la vita, così si fa. Il suo allenatore, Juan Carlos Ferrero, gli ha per la verità tirato un po’ le orecchie: «Gli ho detto di ricordare che è sempre un tennista. Sappiamo già com’è la situazione. Si divertirà e al suo ritorno sarà di buon umore e rigenerato».
Jannik invece, sconfitto e abbacchiato, ha deciso di ricaricare le pile tornando a casa, nelle sue Dolomiti. Non proprio il posto più brutto sul Pianeta Terra. Eppure, forse anche per il ko, la scelta di stare qualche giorno con mamma Siglinde e papà Hanspeter lo ha fatto passare per un “tristone”. Un bambinone di quasi 24 anni. E figurarsi quando si è saputo che anziché folleggiare, è solito fare altro. «È tornato per poco tempo ma stavolta non sono riuscito ad incontrarlo. L’ultima volta che ci siamo visti lui girava con la Panda della mamma per portare il gatto dal veterinario», ha rivelato il sindaco di Sesto Pusteria Thomas Summerer a Un giorno da pecora, su Rai Radio 1. Dagospia, come suo solito, infierisce parlando di “autopunizione”. Ma vedendolo e ascoltandolo, dopo una vittoria o una sconfitta, viene piuttosto da pensare che per Sinner riabbracciare i luoghi e le persone che per colpa di un talento sconfinato ha dovuto abbandonare già da bambino sia in realtà un sollievo, una panacea ai mali molto relativi della sua carriera. E sì, uno spasso.
Sempre il sindaco ha detto di essere pronto a celebrarlo nel modo più eclatante, chiamando col suo nome «una via o una piazza, anche se immagino dovremmo aspettare almeno che lui smetta di giocare. Si potrebbe anche dedicargli una statua». Bravo. Nel caso per qualche motivo burocratico non dovesse riuscirci (l’Alto Adige è pur sempre Italia), la statua a Jannik dovrebbero tirarla su i tifosi. Fregandosene di come Jannik passa il suo poco tempo libero. Proprio come Jannik se ne frega di quello che gli altri pensano di lui.