Calciomercato, il pagellone: chi delude e chi fa il botto

di Claudio Savellimartedì 2 settembre 2025
Calciomercato, il pagellone: chi delude e chi fa il botto

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Alla fine le grandi rivoluzioni promesse da questo mercato non ci sono state. Con quasi tutte le panchine stravolte, escluso il Napoli campione, le grandi hanno scelto di non ribaltare le rose ma di strutturarle. Il trend è chiaro: sono arrivate più seconde linee che non titolari. Questo alza il livello medio delle big, ma non quello massimo del campionato.
 

NAPOLI - VOTO 7 Un mercato a due facce. Di sicuro il più largo e ambizioso della serie A. Mezzo punto in più per l’ottima capacità di reazione mostrata dopo il trauma dell’infortunio di Lukaku. Invece di cercare una pezza, un rincalzo del rincalzo, il club ha risposto con un segnale di ambizione e lungimiranza, investendo un tesoro su Hojlund, pagato come un titolare perché lo dovrà essere. L’acquisto non previsto di Hojlund lascia inevitabilmente qualcosa di incompiuto: manca ancora un terzino destro di livello, anche se a sinistra ci si aspetta molto da Gutierrez, e un innesto in mediana che poteva essere Brescianini. Mezzo punto in meno per le cifre a cui sono stati acquistati i cartellini, tendenzialmente alte: per Milinkovic-Savic, Beukema, Lucca, Lang non è stato strappato alcuno sconto.
 

INTER - VOTO 5 Un mese, giugno, di buone intuizioni seguito da due mesi, luglio e agosto, che non hanno spiegazione. Ma proprio letteralmente: l’Inter non ha spiegato il suo strano mercato. Si è esposta solo per Calhanoglu e Lookman, il grande addio e il grande arrivo, ma quando non sono andati in porto ha fatto finta di niente. Gli acquisti sono corretti e interessanti sia a livello tecnico sia finanziario (Sucic, Luis Henrique, Bonny, Diouf, più la valorizzazione di Pio Esposito), ma nessuno arriva con lo status di titolare assoluto. Anche Akanji porta leadership e velocità a condizioni favorevoli (1 milione per il prestito, 15 per il riscatto obbligatorio in caso di scudetto), ma la tempistica sconfessa le certezze ostentate per mesi. Anche la gestione del difensore francese Benjamin Pavard non è da Inter: se era un problema ieri, lo era anche due mesi fa. È vero che un grande club segue la pianificazione e non si fa condizionare, ma a volte serve anche l’umiltà di ascoltare il suggerimento di “rivoluzione” mai così unanime.
 

MILAN - VOTO 5.5 La gestione delle cessioni è stata prepotente, giusta nelle intenzioni e nell’applicazione: oltre 200 milioni per lo più da giocatori che non avevano reso (compresi Chukwueze e Jimenez). In entrata, però, ha regnato il caos. Sono stati spesi oltre 60 milioni per Ricci e Jashari per scoprire che sono alternative a Modric e infine virare su Rabiot, pagato “solo” 10 milioni ma con un ingaggio pesantissimo. Se il modulo sarà il 3-5-2, la coperta è corta: solo quattro centrali e solo due esterni a tutta fascia. Joe Gomez salta ma non era una buona soluzione, Odogu (2006 dal Wolfsburg) un investimento inutile quest’anno. Nkunku è costato tanto, oltre 40 milioni, e non è il 9 allegriano, così come non lo è Gimenez, alla fine rimasto. Le premesse erano ottime ma il Milan si è un po’ perso per strada.
 

JUVENTUS - VOTO 7,5 Comolli ha operato con la maestria di chi sa muoversi tra paletti rigidissimi, come la permanenza forzata di Vlahovic e i pesanti riscatti ereditati da Giuntoli. Eppure, ha dato una faccia nuova alla Juventus. Ha venduto solo ai suoi prezzi e solo i giocatori non ritenuti all’altezza del progetto (Savona, Nico Gonzalez, Douglas Luiz), resistendo sulle possibili rivalutazioni di Tudor. Cedere gli errori altrui non è mai facile, e la gestione precedente aveva sbagliato molto. L’attesa finale è stata ripagata con un doppio colpo da maestro: con i soldi offerti per Kolo Muani, dentro Zhegrova e Openda, due giocatori che completano un reparto offensivo ora profondo, versatile e di altissimo livello.
 

ROMA - VOTO 6 Pesa come un macigno il mancato arrivo di un centravanti di peso che Gasperini avrebbe meritato, anche perché Bailey si è subito rotto. Un peccato perché, tolta questa lacuna, il mercato di Massara è stato un saggio di intelligenza manageriale, operando con le difficoltà imposte dall’Uefa. Ha venduto bene, liberandosi di zavorre, e ha comprato con idee brillanti. Ferguson è un’intuizione illuminata, Wesley un investimento logico, Tsimikas un prestito intelligente. I giovani El Aynaoui e Ziolkowski sono materiale grezzo che, nelle mani di Gasp, può diventare oro.
 

ATALANTA - VOTO 4 Semplicemente, un mercato non da Atalanta. È vero che la cessione di Retegui ha finanziato metà degli acquisti, ma il club ha impegnato quasi 150 milioni in operazioni che snaturano la sua filosofia. I 30 milioni per Musah sono eccessivi, così come i 25 per Krstovic e i 17 per Zalewski e Ahanor. Sono tutti giocatori già noti alla serie A, esuberi di grandi club o pezzi pregiati di piccole squadre.
L’Atalanta non ha scoperto nulla, ha solo pagato il già visto. L’autogol clamoroso sulla gestione di Lookman, perdendo sia il giocatore che il suo valore economico, è l’emblema di un’estate da dimenticare.