Cerca
Cerca
+

Migranti, c'è la stretta decisiva: il piano per non farli sbarcare

Fausto Carioti
  • a
  • a
  • a

La prima risposta del governo agli sbarchi incontrollati è un provvedimento già delineato il 7 agosto. Quella sera, al termine dell’ultimo consiglio dei ministri prima della pausa estiva, Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, avevano tracciato le linee di un nuovo “decreto Sicurezza”. Ritenuto necessario – tra le altre cose – per arginare l’immigrazione irregolare e dare una risposta alle violenze delle baby gang. Fenomeni che in queste due settimane si sono aggravati e stanno intaccando uno dei tradizionali punti di forza del governo di destra-centro: la capacità di controllare il territorio e ridurre il numero dei reati. Materiale incandescente dal punto di vista elettorale, insomma. Tant’è che la Lega, impegnata a contendere gli elettori a Fdi in vista delle Europee, spinge per la rapida approvazione di un provvedimento esemplare. È stato lo stesso Matteo Salvini, ieri, a dire che è «necessario un nuovo “decreto Sicurezza” già a settembre, perché l’Italia non può essere il punto di arrivo dei migranti di mezzo mondo». È anche un modo per far sapere a Sergio Mattarella che il suo discorso al meeting di Rimini non ha cambiato l’agenda del governo. Salvini la pensa come il capo dello Stato, invece, sulle responsabilità della Ue: «Dopo tante chiacchiere, l’Europa deve svegliarsi. La difesa dei confini italiani deve essere una priorità europea e purtroppo ad oggi non lo è stata. Siamo stati lasciati soli».

 


Il testo su cui stanno lavorando al Viminale è un provvedimento ad ampio raggio, destinato a cambiare soprattutto il modo in cui lo Stato affronta l’immigrazione e ad aprire un nuovo fronte di polemica con la sinistra in parlamento. Anche perché una delle norme più importanti di quel testo ribalterà la legge del 2017, scritta dalla piddina Sandra Zampa, che fissa il divieto di respingimento dei minori stranieri non accompagnati e ne regola le procedure d’accoglienza, consentendo loro di autocertificare l’età. Solo in caso di «dubbi fondati relativi all’età dichiarata dal minore» (dubbi che qualcuno deve comunque avanzare) si procede ad accertamenti. L’inevitabile conseguenza è che tutti i nuovi arrivati tra i diciotto e vent’anni si presentano senza documenti, spacciandosi per minorenni.


INVERSIONE DELLA PROVA
Tutto questo, assicurano al Viminale, cambierà molto presto. Sanno di poter contare anche sul favore di molti sindaci del Pd, che non apprezzano il modo confuso in cui la legge Zampa disciplina la gestione dei minori stranieri tra Stato centrale e Comuni, lasciando quasi sempre l’onere a questi ultimi. Quella legge, spiega chi sta lavorando alla stesura del nuovo testo, non può funzionare anche perché i numeri del fenomeno sono cresciuti troppo. In Italia oggi si contano 22-23mila minori (o sedicenti tali) stranieri non accompagnati, per ognuno dei quali il contribuente paga 100 euro al giorno, senza che le strutture pubbliche riescano a seguirli nel modo dovuto. Col risultato che molti di quei giovani sono lasciati a sé stessi, lontani da ogni percorso di integrazione, e spesso finiscono arruolati nelle gang dei loro connazionali. E i primi a rimetterci sono i minorenni veri. La soluzione del governo è il ritorno ai vecchi metodi per accertare l’età dello sbarcato e l’inversione dell’onere della prova: nel caso ci siano dubbi, il soggetto sarà considerato maggiorenne e spetterà a lui provare di non esserlo.

 


VENTI CPR
Un’altra norma del decreto che scatenerà polemiche è quella che raddoppierà i Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri. I soldi necessari sono già stati stanziati nella legge di bilancio, e col “decreto Cutro” convertito in legge a maggio è stata autorizzata la costruzione di nuovi Cpr in deroga al Codice dei contratti pubblici; ora, però, servono altre norme per accelerare la realizzazione di quei centri. Occorre averne in numero sufficiente, infatti, se si vuole rimpatriare gli immigrati ai quali non è riconosciuto il diritto di restare in Italia. Dei dieci Cpr esistenti sul territorio nazionale oggi ne funzionano nove, giacché quello di Torino è stato chiuso dopo le rivolte che lo hanno reso inagibile, e i 1.400 posti teoricamente a disposizione sono ridotti ad appena 6-700, perché gli ospiti danneggiano con metodo le strutture.

I Cpr serviranno anche come luogo di reclusione per gli stranieri violenti, in attesa di sottoporli eventualmente a procedura di rimpatrio. Il governo, infatti, intende velocizzare le pratiche che riguardano i soggetti pericolosi e con un profilo criminale accertato, chiudendoli direttamente nei Cpr ed impedendo così che si trattengano sul territorio nazionale. Da qui la decisione di raddoppiare quei centri ed il prevedibile scontro con il Pd di Elly Schlein, che chiede invece la chiusura dei Cpr già esistenti. Quanto ai rimpatri, per i quali sono necessari accordi bilaterali con i Paesi d’origine, funziona l’intesa con la Tunisia, ma occorre migliorare quella con l’Egitto ed è ancora in fase di trattativa quella con la Costa d’Avorio, che con 12.500 sbarcati nel 2023 è il secondo Stato di provenienza dopo la Guinea. Altre norme del decreto sono in via di definizione, tra cui quella che inasprirà le pene a carico di chi aggredisce gli appartenenti alle forze dell’ordine, ai danni dei quali, ogni anno, sono commessi 2.700 atti di violenza. 

Dai blog