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Mimmo Lucano, sentenze creative: sull'immigrazione condannano le toghe

 Toghe

Pietro Senaldi
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Il giudice dovrebbe avere un sacro rispetto delle leggi. La norma dispone, la toga la applica. Le sanatorie, nella tanto osannata tripartizione dei poteri da parte dello Stato, teorizzata da Charles Montesquieu trecento anni fa e codificata anche dalla nostra sublime Costituzione, sono privilegio della politica. A imbattersi nelle decisioni tribunalizie di ieri pare invece che i magistrati si siano presi anche la funzione legislativa, nel senso dello stravolgimento delle norme reinterpretazione personale giustificata con improbabili contingenze.

La giudice catanese Iolanda Apostolico continua a sentenziare in materia di immigrazione, incurante dell’indignazione pubblica suscitata dai video che la immortalano a una manifestazione anti-governativa e pro-clandestini. Con sprezzo del ridicolo la toga, vanifica quanto disposto dal decreto-Cutro e continua a svuotare i centri di rimpatrio per migranti nei quali lo Stato raccoglie chi arriva senza documenti o da Paesi non a rischio. La dottoressa rielabora il concetto di pericolosità, applicandolo non alle nazioni ma alle singole vicissitudini personali. Con grande fantasia, la signora concede di lasciare i centri di raccolta chi ha un debito, a chi ha litigato con un famigliare, a chi era sfruttato nel lavoro.

 

 

 

Insomma, la signora trova sempre un motivo per aggirare la legge e far sì che nei luoghi di permanenza deputati non permanga nessuno. La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha ridotto a bagatelle il castello accusatorio contro Mimmo Lucano, il sindaco di Riace condannato in primo grado a oltre tredici anni per truffa, peculato e un’altra serie di reati che disegnavano la sua attività di accoglienza in un’associazione a delinquere alquanto ramificata, mirata a integrare ma anche a spillare parecchi denari pubblici. Tutto cancellato; è rimasta solo una condanna per falso.

Delle due l’una, o il giudice di primo grado ha preso un abbaglio, oppure si è voluto fermare l’attività spericolata del sindaco con un verdetto che gli precluda l’attività politica senza però caricargli sulle spalle condanne gravi, da scontare in cella. In entrambi i casi, quello siciliano e quello calabrese, siamo in presenza di una giurisprudenza creativa. La giudice Apostolico ritiene il decreto Cutro incompatibile con le leggi europee, malgrado l’europeista Sergio Mattarella lo abbia controfirmato, ma anziché sollevare conflitti giuridici, si limita a disapplicarlo con le motivazioni più pittoresche. I magistrati calabresi tirano le orecchie a Lucano ma nei fatti legittimano tutta la sua particolare applicazione del modello d’accoglienza, con tanto di matrimoni improbabili e assegnazioni più istintive che formalmente ineccepibili. Siamo alla sanatoria dell’immigrazione illegale per sentenza, ennesima frontiera che la magistratura varca per avvicinare il più possibile la realtà giuridica alla propria sensibilità politica. Normalmente la giurisprudenza creativa sopperisce a lacune della legge. Talvolta le crea, per poi colmarle come meglio ritiene.

 

 

 

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