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Immigrazione, tutte le bufale della sinistra sul Cpr di Milo

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Stefano Re
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Non sono richiedenti asilo quelli rinchiusi nel Centro di permanenza per i rimpatri di Milo, in provincia di Trapani, che il Pd e le ong in questi giorni difendono, dopo che un incendio ha distrutto parte della struttura. «Persone che vengono recuperate dal mare e rinchiuse dentro i Cpr senza aver commesso alcun reato», le ha definite ieri Giovanna Iacono, deputata del Partito democratico al termine della sua ispezione. E che, secondo le denunce di numerosi parlamentari di sinistra (Ilaria Cucchi, Nicola Fratoianni...), sono state costrette a vivere e dormire all’agghiaccio dopo che numerosi locali del Cpr sono diventati inagibili. La storia vera è molto diversa. Quell’incendio, intanto, non è stato un incidente o frutto dell’incuria delle autorità: lo hanno appiccato gli immigrati tunisini irregolari durante una rivolta, fatta perché non volevano essere rimpatriati. Erano 149 e a tutti loro è stata data assistenza immediata. Non erano semplici richiedenti asilo, per i quali ci sono i normali centri di accoglienza. Non erano nemmeno persone rinchiuse «senza aver commesso alcun reato»: non è a questo che servono i Cpr.

Chi è trattenuto lì ha ricevuto un provvedimento di espulsione o di respingimento, ed è in attesa di essere rimpatriato. E per essere destinati in un Cpr non basta avere ricevuto una banale sanzione amministrativa: quelle strutture sono per i cittadini stranieri condannati per reati gravi o considerati una minaccia per la sicurezza pubblica. I curricula di quei 149 parlano chiaro. Sessanta di loro avevano precedenti penali e di polizia per reati particolarmente gravi: violenza e maltrattamenti in famiglia, rapina, lesioni, furto, spaccio di stupefacenti, associazione a delinquere, tentato omicidio, devastazione e saccheggio, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nell’elenco dei profili ritenuti «di principale interesse» dalle autorità italiane c’è un nigeriano nato nel 1995, condannato per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale. Un marocchino classe 1994 con precedenti per estorsione, rapina, maltrattamenti in famiglia e furto aggravato. Un cittadino della Guinea, nato nel 1998, che si è distinto per spaccio di stupefacenti, furto, sequestro di persona.

 

 

Il più pericoloso di loro è un 29enne tunisino che risponde al nome di Jamel Imam. L’Aise, l’Agenzia per le informazioni e sicurezza esterna, l’aveva segnalato nel luglio 2021 con il nome di Kamel Dhahbi, come estremista islamico salafita/takfirista intenzionato a raggiungere il suolo italiano. Già espulso dalla Germania nel 2017 per legami con Anis Amri, il tunisino autore dell’attacco terroristico a Berlino ucciso dalla polizia italiana a Sesto San Giovanni nel dicembre del 2016, Imam sbarcò infatti in Italia il 29 giugno 2023 a Petrosino, nel trapanese, e fu subito arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le procedure di fotosegnalamento consentirono di identificarlo e di ricollegarlo ai suoi trascorsi. Scarcerato lo scorso 30 settembre, è stato richiuso nel Cpr di Milo ed espulso per ragioni di sicurezza nazionale. Il rimpatrio in Tunisia, disposto dal prefetto di Trapani, è avvenuto il 25 gennaio. Non è l’unico ad essere stato rimpatriato dopo la rivolta: ora nel Cpr di Milo ne sono rimasti cinquanta. 

 

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