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Libia, Europa ridicola: "Firmata la tregua", ma senza Serraj e Haftar. E la guerra continua più di prima

È presto per parlare di pace in Libia dopo il sostanziale stallo della conferenza internazionale tenutasi ieri a Berlino per cercare di spingere i due contendenti a deporre le armi e a riunire il dilaniato paese con una normalizzazione politica. Unico risultato concreto è stata la creazione della commissione militare che dovrà controllare l' osservanza di una tregua comunque spesso violata.  Leggi anche: "Sta cercando la sua poltrona, ma non c'è". Conte, gaffe in eurovisione Il cessate il fuoco dovrebbe poi servire a facilitare l' arrivo di una forza internazionale che però è stata finora soltanto vagheggiata senza conferme. La presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha solo fatto capire che in una ipotetica missione di pace giocherebbe un forte ruolo l' Unione Africana. I rappresentanti delle nazioni che cercavano di mediare, fra cui, oltre all' ospitante Germania, spiccano Francia, USA, Russia, Italia, Gran Bretagna, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Turchia e Cina, hanno approvato in serata una dichiarazione finale che ricapitola i punti principali del cessate il fuoco. Ma senza un vero accordo tra il presidente del governo di Tripoli, Fayez al Serraj, e il generalissimo Khalifa Haftar, il cui esercito è legato al parlamento di Tobruk. Insomma, il summit sembra esser servito più come vetrina per le potenze straniere che appoggiano l' una o l' altra fazione. Fra i punti principali della bozza, già anticipati da un paio di giorni, c' erano il mantenimento della fragile tregua e dell' embargo sulle armi e la creazione di un nuovo "consiglio presidenziale", nonchè il riportare l' esercito "sotto l' autorità politica". Ma fin dall' inizio della conferenza il clima era pesante, poichè Serraj e Haftar non si sono mai seduti al tavolo comune con gli altri leader. E nemmeno si sono incontrati fra loro, restando sempre in stanze separate. La cancelliera tedesca Angela Merkel li ha incontrati entrambi, separatamente, prima e anche dopo l' approvazione della bozza finale, ma senza convincerli ad andare più in là di una tregua che, pur imperfetta, rimandava ancora all' iniziativa bilaterale del presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Erdogan. Haftar si sente il più forte avendo conquistato la maggior parte del territorio, e non intende retrocedere, semmai potrebbe andargli bene che il suo esercito, meglio strutturato, formi il nerbo di un futuro esercito libico unitario. Serraj dal canto suo teme che si proponga la sua sostituzione con un nuovo presidente più gradito ad Haftar e ai parlamentari di Tobruk. L' unico passo avanti è stato che i due capi libici hanno accettato la nomina di una commissione militare internazionale, nell' ambito della missione ONU Unsmil, che avrà il compito di monitorare la tenuta della tregua. Serraj ha chiesto al ministro degli Esteri tedesco Heiko Mass che «la tregua sia accompagnata dalla cessazione delle minacce di Haftar alla città di Tripoli». Per tutta la giornata si erano susseguite violazioni del cessate il fuoco in Libia, con tentativi delle forze di Haftar di sfondare le linee nei settori di Al Halatat e Khallet al-Furjan, fermate anche grazie alla distruzione di un carro armato. Intanto altre milizie fedeli ad Haftar bloccavano il pompaggio di petrolio nell' oleodotto che dal giacimento di El Sharara, vicino Ubari, 900 km a Sud di Tripoli, arriva alla raffineria di Zawiya. Il giacimento è gestito da Akakus, joint-venture tra la libica NOC, la spagnola Repsol, la francese Total, l' austriaca Omv e la norvegese Statoil. Secondo il New York Times sarebbe il governo degli Emirati, che appoggia Haftar, a suggerirgli di continuare l' avanzata per poter poi accrescere il suo peso negoziale. A Berlino Haftar ha parlato, fra gli altri, col presidente francese Emmanuel Macron, altro suo sostenitore. E poco dopo Macron ha denunciato l' arrivo di miliziani siriani inviati dalla Turchia in aiuto a Serraj. Proprio il turco Erdogan era stato poco prima affrontato dal segretario di Stato americano Mike Pompeo, il quale gli aveva ricordato come fosse importante evitare «intrusioni esterne in Libia», fra cui appunto i miliziani siriani e anche gli stessi militari turchi inviati a Tripoli. Erdogan è stato poi fra i primissimi leader a lasciare Berlino in serata, seguito a ruota da Pompeo. Nessun entusiasmo scaturiva poi dal vice ministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, per cui «ci sono piantagrane che vogliono far deragliare il cessate il fuoco». di Mirko Molteni  Nel video di Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev, la conferenza stampa di Angela Merkel

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