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I capolavori trafugati dai nazisti che non sono mai stati restituiti

Il nazismo è intervenuto in maniera nefasta anche all’interno del mondo del collezionismo artistico. Subito viene in mente quella che Hitler e i suoi chiamavano “arte degenerata”, opere da togliere di mezzo in quanto non in linea con l'arte di regime, ma che in realtà fu un atto diabolico del Reich per far man bassa di opere d’arte; un rastrellamento sistematico dei più importanti capolavori dell'epoca, in parte utilizzati per alimentare le collezioni personali degli alti gerarchi nazisti, in parte adoperati per finanziare le casse del regime. Ma c'è anche la razzia di migliaia di opere una volta appartenute alle famiglie ebree che sono sparite durante la persecuzione razziale e che ancora non sono state restituite ai legittimi proprietari. Secondo gli storici, furono almeno 5 milioni i quadri, le statue, gli oggetti d’arte sottratti dalle SS alle famiglie perseguitate durante la Seconda Guerra Mondiale. Per anni in Germania il tema è stato tabù. Musei e case d’asta non si sono mai interessati realmente della provenienza delle opere, pur di assicurarsele. Del resto gli accordi di Washington non comportano alcuna regola giuridicamente vincolante, ma si basano sulla volontà politica dei Paesi che vi aderiscono. Anche perché, secondo il Codice Civile tedesco, la restituzione non è obbligatoria essendo passati più di 35 anni. Ma da qualche anno il tema delle opere trafugate dai nazisti è tornato di stretta attualità in Germania. Sofia Lipoli in questa nuova di Lost Art racconta della ex ministra della cultura tedesca Monika Gruetters che ha detto chiaramente che la restituzione ai legittimi proprietari deve essere una responsabilità morale e che nel 2019 si è personalmente fatta carico di consegnare nelle mani degli eredi  il «Ritratto di una giovane donna seduta» del pittore francese Thomas Couture.

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