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Lavoro, in Italia oltre 230mila posti vuoti: ci fanno perdere 21 miliardi di Pil

Qualcuno dice che è colpa del reddito di cittadinanza, qualcuno punta il dito sulla cattiva qualità della formazione, altri se la prendono con l'incapacità del governo di mettere in piedi un sistema delle politiche attive che sia in grado di incrociare in maniera veramente efficace la domanda di lavoro con l'offerta. Fatto sta che i posti vuoti continuano ad essere tantissimi. E il fenomeno si è intensificato con la ripresa in atto. In una recente indagine realizzata dal Censis per Confcooperative si calcola che i lavoratori che le imprese non riescono a trovare sono addirittura 233 mila. In prima fila ci sono il settore delle costruzioni, quello dell'alloggio e della ristorazione, l'intrattenimento e la comunicazione. La questione non riguarda solo le statistiche sull'occupazione, ma ha un impatto significativo sull'economia reale e sui conti pubblici. Solo qualche giorno fa il premier Mario Draghi e il ministro dell'Economia, Daniele Franco, hanno presentato la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza che stima una rialzo della crescita dal precedente 4,5% al 6%. Ebbene, secondo i calcoli di Confcooperative, se le imprese avessero trovato tutte le professionalità di cui hanno bisogno in questa fase il pil sarebbe potuto salire oltre il 7%.  Il potenziale valore economico annuale di quei 233mila lavoratori, misurato attraverso il prodotto interno lordo per occupato dipendente, si aggira infatti sui 21 miliardi di euro di pil. Un conto troppo salato per non mettere mano subito alle politiche attive per il lavoro, archiviando l'esperienza fallimentare delle politiche passive e decidendosi a coinvolgere nella partita le agenzie private, che forse non fanno miracoli, ma che di sicuro non hanno mai registrato gli insuccessi collezionati negli ultimi anni dai centri pubblici per l'impiego.

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