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Smentiti definitivamente i sindacati: nel 2021 il 40% di licenziamenti in meno rispetto al 2019

Fino a qualche mese fa le obiezioni erano ancora possibili. I dati non sono definitivi, esistono ancora categorie protette dal blocco, la bufera sta per arrivare. Ora il cerchio si è chiuso. Qualche giorno fa Bankitalia, in collaborazione con l’Anpal e il Ministero del Lavoro, ha scattato la fotografia completa sull’andamento occupazionale del 2021. La paventata pioggia di licenziamenti è arrivata? Abbiamo passato mesi ad ascoltare gli allarmi dei sindacati, che nei comizi di piazza e negli incontri ufficiali con il governo profetizzavano catastrofi. Appena avranno le mani libere, era la tesi, gli imprenditori manderanno a casa centinaia di migliaia di lavoratori. Inutile parlargli dell’inversione di rotta del ciclo congiunturale, della ripresa in atto, del rimbalzo dell’economia. Per le sigle l’unica strada era quella di prolungare fino a data da destinarsi sia il blocco dei licenziamenti, sia la cassa integrazione. Ebbene, sentiamo qual è il bilancio delle tre istituzioni che monitorano il mercato del lavoro. Gli incrementi nei mesi immediatamente successivi alla rimozione dei vari blocchi hanno avuto, si legge, “natura temporanea e riflettono esuberi già previsti nei mesi precedenti”. Il risultato è che nel 2021 i licenziamenti sono rimasti su livelli “mediamente modesti”. Il che è un eufemismo. Perché sono praticamente crollati. I rapporti di lavoro interrotti con questa causale, si legge nel documento, sono stati in media 27mila al mese, il 40% in meno rispetto al 2019. Le persone mandate a casa sono state quasi la metà di quelle che subivano la stessa sorte prima della pandemia. Abbiamo perso mesi preziosi ad occuparci dei licenziamenti, mentre il problema riguardava le assunzioni, una domanda di lavoro vigorosa che l’offerta attuale non riesce ancora a soddisfare.  
 

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