Fotografia come testimonianza e documento: Pellegrin a Venezia
Venezia, 29 ago. (askanews) - La guerra e la crisi ambientale, ma anche le vite dei profughi o dei passeggeri della metropolitana di Tokyo. Le Stanze della Fotografia a Venezia ospitano una mostra dedicata al lavoro di Paolo Pellegrin, uno dei più importanti fotografi internazionali, membro dell'agenzia Magnum dal 2005. Esposti, nell'architettura mobile dello spazio sull'isola di San Giorgio, oltre 300 scatti che attraversano tutta la carriera di Pellegrin, con anche un reportage inedito dall'Ucraina. Fotografie che hanno valenza etica ed estetica, ma che sono pure documenti del nostro tempo, in un certo senso prove di ciò che accade nel nostro mondo. "Sono documenti - ha detto il fotografo ad askanews - che possono essere anche impugnati in un secondo momento per evidenziare le cose, dei crimini nelle sedi internazionali, lo vediamo, per esempio questo succede all'Aia. La fotografia viene usata come strumento di testimonianza".
Testimonianza è quindi una parola chiave, che prende sempre maggiore consistenza a mano a mano che ci si addentra nella mostra, significativamente intitolata "L'orizzonte degli eventi", in rifermento alla fisica e al punto di non ritorno nei pressi di un buco nero, luogo nel quale il tempo diventa ineluttabile e, contemporaneamente, si ferma. In un certo senso come accade nella fotografia che, secondo la curatrice Annalisa D'Angelo, è lo strumento attraverso il quale il lavoro di Pellegrin prova a uscire dal buco nero della storia.
"Questo è il lavoro di Paolo Pellegrini - ci ha detto Denis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografia e co-curatore della mostra - è l'incontro con gli altri, è portare se stesso all'interno di un contesto senza mai di giudicarlo, cercare di comprenderlo e se non poi lo capisco decido di tornare, questo è il suo motto. Quindi è una mostra fatta di emozioni che ci racconta dell'importanza delle connessioni, tutto quanto è connesso".
Una connessione che assume spesso aspetti problematici, come nel caso delle indagini di Pellegrin sul tema della sorveglianza o dell'intelligenza artificiale, ma anche nei lavori su Guantanamo o sulle vittime del conflitto arabo israeliano. Ma che vive al tempo stesso di un'umanità profonda, di uno sguardo di vicinanza, che è la forza di questa fotografia. "Tutti i suoi lavori - ha aggiunto Curti - sono il frutto di un pensiero e di un pensiero politico, è un fotografo che ha il coraggio di prendere posizione e di dire quello che pensa. Io credo che in questo momento la fotografia non abbia bisogno di eroi o di persone che rischiano la vita, ma abbia bisogno di persone capaci di assumersi delle responsabilità".
Una responsabilità che si manifesta anche quando il fotografo scatta la sua immagine, quando decide, in un momento di solitudine profonda, come dare ordine al mondo e al caos che si trova di fronte. "Questo gesto semplicissimo - ha concluso Paolo Pellegrin - in realtà racchiude una cosa complicatissima, ogni volta diversa. Quindi sì, in quel momento mi sento pienamente solo".
"L'orizzonte degli eventi" è la seconda grande mostra de Le Stanze della Fotografia, un progetto voluto da Marsilio Arte, che pubblica anche il catalogo, e dalla Fondazione Giorgio Cini e prosegue l'esperienza di indagine sulla fotografia de La Casa dei Tre Oci. L'esposizione dedicata a Pellegrin è aperta al pubblico fino al 7 gennaio 2024.