Venezia, 19 dic. (askanews) - Una serie di dipinti sulla vita a Venezia nel Settecento, la vita reale, quella fatta di feste, saltimbanchi, regate, giochi di piazza, sport, riunioni politiche. Una serie di istantanee pittoriche prima della fotografia che hanno la forza di restituirci un'immagine viva della Serenissima, accanto alle rappresentazioni storicizzate di Canaletto o Guardi. La Fondazione Querini Stampalia ha presentato la mostra "Bella la vita a Venezia", dedicata al lavoro e al racconto del pittore Gabriel Bella, che in fondo ci mostra il dietro le quinte - o forse sarebbe meglio dire "l'accanto alle quinte" - della costruzione dell'immaginario collettivo su Venezia.
Sessantanove tele, più alcune incisioni, che ci trasportano all'epoca d'oro della città e lo fanno con uno stile non ricercato, ma estremamente efficace. Lo sguardo del pittore sembra quello del flaneur, che gira per le calli e i campi e osserva la vita per quella che è. L'esito è di grande curiosità, ma non si può negare che sia anche felice, perché si ha la sensazione di essere effettivamente immersi in quell'atmosfera. Il gioco della Querini, poi, è anche quello di sfruttare il terzo piano del palazzo del museo e quindi le bellissime finestre aperte sulla città, che entra, con la sua contemporaneità, a dialogare con i dipinti. E quando Gabriel Bella rappresenta il campo di Santa Maria Formosa, ecco che guardando fuori troviamo lo stesso campanile e la stessa chiesa, e nel quadro c'è perfino il palazzo dentro il quale stiamo visitando la mostra. E dunque ci sfiora anche un brivido concettuale, molto in linea con la ricerca di Cristiana Collu, direttrice della Fondazione. Il dialogo attraverso il tempo passa infine anche per la sala che ospita i filmati dell'Istituto Luce, che ci raccontano Venezia tra il 1929 e il 1956.
Accanto alla mostra su Bella, poi, al secondo piano è allestita una piccola esposizione intitolata "Disapparire", dedicata alle sculture settecentesche di Antonio Corradini, sorprendenti nell'abilità di creare velature, e le fotografie contemporanee di Luigi Ghirri, i cui scatti hanno creato l'immagine dell'Italia, in qualche modo soppiantando la realtà dei luoghi. Anche questa, se volete, una forma di sparizione.



