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Storie in divisa, vita da carabiniere

Il docureality di Canale5

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Storie in divisa Foto: Storie in divisa
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  C'è tutta una retorica necessaria dagli «alamari cuciti sulla pelle» di Dalla Chiesa alle canzoni sanremesi di Faletti che li rende, al tempo stesso, servi dello Stato e amici di famiglia. Non è un caso che, visionando Storie in divisa (Canale 5, seconda serata) si viene quasi avvolti da una sensazione di affettuosa quotidianità. Il docu-reality, nato da un'idea molto zavattiniana di Giancarlo Scheri, prevedere che le telecamere Mediaset s'incollino giorno e notte alle terga dei baldi uomini della caserma di Rho, provincia di Milano. E lì, tra chilometri di pattugliamento in volante verso le lande di San Vittore Olona (ma potrebbe essere San Martino Buon Albergo nella provincia veronese o Castellamare di Stabia in quella napoletana: i carabinieri sono il sistema linfatico d'Italia), in 6 episodi di 35 minuti cadauno; ecco, lì, spunta il fascino delle piccole storie di provincia. La donna ospite di una comunità che sporge denuncia contro il marito violento; il tentativo di furto a Garvagnate; i bancomat fatti saltare con l'acetilene; le truffe agli anziani; la ricerca accorta del mandante di una sparatoria o di una banda di dentro un'auto bianca dato che c'è sempre un'auto bianca nella storia del crimine. Interagendo con i cittadini, ogni caramba si ritaglia ruolo e personalità. C'è il maresciallo Alice Tagliaferro, nota da queste parti per aver strappato tre ragazzioni alla furia d'un fiume. C'è il brigadiere Alessandro Canistrà, capo equipaggio radiomobile in simbiosi col suo cane. C'è il comandante, il capitano Simone Musella -29 anni, probabilmente semifresco d'Accademia- segugio da territorio alle prese con il prisma della mille facce della criminalità più o meno organizzata. Accanto a queste dinamiche della vita professionale scorrono immagini di vita privata. Il bello del format è, indubitabilmente, la legittimazione dello stretto rapporto tra l'Arma e la provincia italiana. L'Arma vera che non esce dalle Accademie. O, se ci esce, s'infila nell'abitacolo a sirena borbottante, pronto per il turno di notte, pensando più a Salvo D'Acquisto che a tutti i generaloni gallonati...

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