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Bernie Sanders in Vaticano e le mille sfumature di rosso di Papa Bergoglio

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Ci sara' un convegno in Vaticano, il 14 e il 15 aprile, che e' diventato famoso dopo che si e' saputo che Bernie Sanders si era fatto invitare. Lo stesso senatore DEM aveva detto di “essere molto eccitato” all'idea di aver ricevuto l'invito dal papa, ma il portavoce Federico Lombardi ha in seguito corretto la notizia, dicendo che l'invito “era stato fatto per conto della Accademia Pontificia delle Scienze Sociali, non da papa Francesco in persona”. E ha aggiunto che “non ci sono previsioni di incontri tra i due”. E' ancora controversa la ricostruzione dettagliata dell'invito, perche' la presidentessa della Accademia Margaret Archers aveva immediatamente precisato, quando il senatore ebreo ha comunicato di essere stato invitato a parlare al meeting di Roma, che “la prima mossa l'ha fatta lui, per ovvie ragioni di inseguimento del voto cattolico”. Qualche ora dopo, dal Cancelliere della stessa Accademia Sanchez Sorondo, argentino e amico di Francesco, era arrivata la contro-precisazione: “Lo nego. Non e' andata cosi'. Lei lo sa. Sono stato io a invitarlo con il suo (della Archer NDR) consenso”. A questo s'e' ridotto il bizantino Vaticano di Bergoglio, la cui mano ‘peronista-filocastrista-anticapitalista' guida il gregge cristiano sbandato tra mille sfumatore di rosso. Da Cuba, senza vedere i dissidenti politici dietro le sbarre dopo processi farsa, o senza processo, agli Stati uniti, dove ha visitato i detenuti nelle carceri, condannati per crimini normali con regolari processi. Fino al pellegrinaggio sul confine Messico-Usa, occasione per attaccare Trump che si batte contro l'immigrazione clandestina. E' una Chiesa in cui la “teologia della liberazione” di sessantottina memoria guevariana non e' piu' un'ala militante terzomondista periferica, ma ha un ruolo centrale nell'orientare la dottrina “sociale” cattolica romana. Quindi Sanders, auto-imbucato o genuinamente invitato che sia, e' un partecipante piu' che legittimo del consesso. Tra i leader presenti (sempre che il pontefice non decida di fare un'improvvisata benedicente) il senatore socialista trovera' comunque qualche vecchio compagno di lotta anti-imperialista. Ci sara' il presidente della Bolivia Evo Morales, fresco della sconfitta al referendum nel suo paese, in cui cercava di cambiare la costituzione per essere eletto per la terza volta quando lascera' la carica nel 2018. Ci sara' Rafael Correa, socialista, amico dello scomparso Hugo Chavez, presidente dal 2007 dell'Equador, paese diventato alleato del Venezuela dal 2009 nella lotta anti-USA, ma che e' piu' famoso perche' ospita da tre anni nella sua ambasciata di Londra Julian Assange, il fondatore di Wikileaks. Purtroppo per Bernie alla rimpatriata sotto il Cupolone non potranno essere presenti altri campioni del “modello rivoluzionario” che piace sempre di piu' ai Democratici americani, se e' vero che propugnando apertamente la “rivoluzione politica” (lo slogan e' suo) Sanders e' ancora in corsa per la nomination dopo aver vinto quasi una ventina di Stati. Dal Sud America ci sarebbero altri monumenti marxisti che avrebbero abbracciato volentieri il compagno yankee, ma hanno ben altri pensieri. Dilma Roussef, presidente del Brasile, sta per subire l'umiliazione del voto della Camera che vuole il suo impeachment. Nel partito piu' importante della sua coalizione, il PP, il terzo nel paese, la maggioranza dei dirigenti ha votato per abbandonarla al suo destino quando si terra' il voto, alla Camera Bassa, per far avanzare il processo istituzionale per destituirla. L'accusa e' di aver truccato i bilanci federali, oltre al peso dello scandalo per indebito arricchimento personale che ha gia' travolto il predecessore Lula da Silva, il sindacalista comunista che l'ha preceduta nella carica di presidente e che e' il suo padrino politico. Pochi giorni fa, per proteggerlo, Dilma ha nominato Lula capo di staff della sua amministrazione, sollevando ulteriore indignazione popolare e convincendo il PP a distanziarsi dal duo in disgrazia. Il PP e' il secondo partito della coalizione ad aver abbandonato la barca. Anche il compagno Nicolas Maduro e' in Vaticano solo con il cuore, perche' e' troppo impegnato a strangolare la residua democrazia del Venezuela. Le recenti votazioni per l'Assemblea nazionale hanno eletto una maggioranza qualificata di oppositori al regime, intenzionata a far passare una legge di amnistia per liberare i detenuti politici e ad avviare un processo di riforma costituzionale per ripristinare il controllo parlamentare sul governo e avviare un cambio democratico di regime. Maduro, l'erede di Chavez, aveva pero' provveduto da tempo, grazie ai superpoteri del regime, a riempire di suoi alleati la Corte Suprema, che adesso boccia ogni legge del parlamento che mina lo strapotere governativo. Il presidente comunista ha anche gia' anticipato che e' sua intenzione sciogliere al piu' presto le camere come misura “per impedire un colpo di stato”. Il Venezuela ha il record mondiale di inflazione, oltre il 100%, e mancano i generi alimentari e di consumo di base, perche' la moneta locale e' svalutata e il governo ha sempre meno dollari per il calo del prezzo del petrolio. Corruzione, miseria e dittatura. Peccato che Roussef e Maduro non possano andare a raccontare le esperienze fallimentari dei loro governi rossi agli "amici in Vaticano" e al socialista del Vermont che sogna la Casa Bianca. Se Bernie ce la fara', sara' con partners di questo calibro che potra' creare l'internazionale socialista del terzo millennio. di Glauco Maggi  twitter @glaucomaggi

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