Cerca
Logo
Cerca
+

I milionari dello sport Usa all'assalto di Trump: e Donald risponde con questi numeri

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

Vai al blog
Esplora:
  • a
  • a
  • a

Dopo che avevo riportato, in un precedente articolo, il rimbalzo dell'approvazione di Trump dall'abisso del 37% nei sondaggi Rasmussen, Marist, Zogby e Politico.com, ne sono usciti altri negli ultimi giorni che riportano il presidente Trump ben sopra il 40%. Se i primi sondaggisti non avevano tutti un gran nome e potevano essere ignorati dai media (e infatti sono stati ignorati dai giornali mainstream), questi, forse, verranno notati. Nella lista ci sono tutti i sondaggisti di “chiara fama” e vanno nella stessa direzione dei precedenti: ABCtv 42%, CNN 42%, Economist 43%, Monmouth University 42% e NBC-Wall Street Journal 43%. Il risultato complessivo e' eclatante, perche' la media odierna, curata da Real Clear Politics, quasi dimezza i 20 punti di distacco che c'erano quando i favorevoli erano il 37,4% e gli sfavorevoli il 57,4%. Oggi il gap si e' ristretto a 11,6 punti, con i pro Trump saliti al 41,3% (+ 4,1) e i contro Trump calati al 52,9% (- 4,5).  Non va mai dimenticato quello che rappresentano i sondaggi nel cogliere il vero sommovimento che si agita nella pancia degli americani (si e' visto nel 2016, quando hanno fallito quasi tutti nel non dare Trump vincente). Ma se si prende per buono il 41,3% non e' di sicuro una promozione della sua presidenza. E' ovvio che Donald deve ancora imparare a fare appieno il suo lavoro, ma da quando ha cacciato Steve Bannon e assunto come capo staff il generale ex marine John Kelly la Casa Bianca ha cominciato a sembrare un governo funzionante. La gestione degli uragani, l'approccio bipartisan sulla immigrazione, il piano di riforma delle tasse e la performance all'ONU sono stati tutti passaggi promettenti. L'ultimo assalto, sferrato nel fine settimana da Trump contro l'esigua minoranza di campioni di calcio americano, basket e baseball che si inginocchiano in segno di disprezzo verso di lui durante l'inno nazionale di fronte alla bandiera a stelle e strisce, invece di stare in piedi con la mano sul cuore come fa la grandissima maggioranza dei cittadini in ogni occasione pubblica, e' un segno di patriottismo unificante del presidente. E quando Stephen Curry, cestista dei Golden State Warriors, ha fatto sapere che non voleva andare alla Casa Bianca per celebrare la vittoria nella NBA, Trump ha ritirato l'invito alla squadra con un tweeet. “Andare alla Casa Bianca e' considerato un grande onore per un team che ha vinto il campionato. Stephen Curry sta esitando, percio' l'invito e' ritirato”. Trump ha rincarato la dose con un tweet di condanna degli  “inginocchiati”: “Se un giocatore vuole il privilegio di fare milioni nella NFL (National football league NDR) o in altre leghe, lui o lei non dovrebbe avere il permesso di mancare di rispetto alla Grande Bandiera Americana (o al Paese) e dovrebbe stare in piedi per l'inno nazionale. Se no, tu sei licenziato. Trovati qualcosa d'altro da fare”. Lo scontro con i campioni viziati in protesta contro bandiera e paese di sicuro allinea il presidente con il cuore del suo elettorato nell'America profonda: patrioti che amano l'esercito e vanno allo stadio per tifare la loro squadra e non per fare politica, e tantomeno essere offesi da milionari fortunati e ingrati, che offendono la bandiera e l'inno per opporsi a un presidente che non gradiscono. Trump sta insomma rendendo sempre piu' difficile la vita dei suoi rumorosi critici a prescindere, ossia tutti quelli che credevano di averlo liquidato considerandolo un deficiente o peggio (nazista, sessista, omofobo eccetera...) e che sognavano l'impeachment. La ritrovata postura da statista di Trump, oltretutto, sta facendo andare fuori giri il partito  democratico. Se il presidente si sta insediando al centro aprendo all'intesa bipartisan sulla immigrazione e alla esclusione dei ricchi dai tagli delle tasse, e ora vestendo la maglia del tifoso patriota, i DEM sono alla deriva verso sinistra. Per la salute sono allineati dietro il socialista Sanders che chiede la mutua per tutti pagata dallo stato e la messa fuori legge delle polizze private, anche quelle frutto di accordi sindacali. Nei colleges subiscono la leadership degli Antifa e di Black Lives Matter che negano il diritto di parlare ai conservatori. Nella immigrazione persino Nancy Pelosi, notoria liberal, e' stata zittita da tumulti organizzati dagli attivisti che vogliono la amnistia per tutti gli irregolari, subito, ed e' stata attaccata per aver cercato un accordo con Trump per salvare i 700 mila clandestini arrivati da bambini, senza colpa loro, perche' portati qui dai genitori illegalmente. Trump si e' impegnato a non deportarli, una posizione gradita alla grande maggioranza degli americani, ma alla base estremista dei DEM cio' non basta. L'ultimo strappo e' della DEM Donna Edwards, ex deputata del Maryland, che in un tweet si e' augurata che tutti i giocatori della NFL si inginocchino durante le partite del campionato per protestare contro Trump, che ha definito “un bianco suprematista che fa lo squatter nella nostra Casa Bianca”. Come stupirsi che, fronteggiando una tale isteria politicamente corretta, il presidente appaia sempre piu' come l'adulto nella stanza e stia recuperando credibilita', anche se non abbandona il tono urlato politicamente scorretto (‘Rocket Man' al pazzo di Pyongyang , ‘You're Fired' -sei licenziato -ai campioni antipatriottici)? di Glauco Maggi

Dai blog