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Il Senato salva i bidonisti delle banche. La vergogna: ecco com'era l'Aula

Giulio Bucchi
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Non saranno resi pubblici i nomi di chi ha creato buona parte della crisi finanziaria del Monte dei Paschi di Siena, scaricando le proprie perdite sulla banca che oggi viene salvata dallo Stato con i soldi di tutti i contribuenti. La lista dei grandi debitori di Mps che perfino il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, aveva chiesto di pubblicare, è stata blindata per decisione del governo di Paolo Gentiloni e del Pd, il partito che da decenni era il vero azionista di riferimento della banca senese. Dopo avere detto no in ogni modo agli emendamenti presentati in commissione Finanze da Forza Italia, M5s e Lega Nord, ieri il ministro dei rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro ha messo la fiducia su un maxi-emendamento del governo sostitutivo dell'intero testo del decreto legge che blindava però la privacy dei bidonisti Mps. La fiducia è poi arrivata a tarda sera con 157 sì, e una sola cosa è saltata in extremis rispetto alle intenzioni dell'esecutivo: quello che era già stato ribattezzato come l'emendamento Luca Lotti-Gianni Letta che inseriva nel decreto una fidejussione pubblica di 97 milioni di euro alla Federazione italiana golf per l'organizzazione nel 2022 della Ryder Cup. A farla saltare però non è stata una agguerrita opposizione parlamentare, ma il presidente del Senato, Piero Grasso, che ha considerato quell'emendamento inammissibile per ovvia estraneità di materia. Se l'è presa il governo, e si è risentito anche gran parte del Pd, cui evidentemente quel finanziamento alla manifestazione sportiva stava a cuore più delle drammatiche vicende di Mps, dei bidonisti che hanno portato la banca in questa situazione, e della sorte dei risparmiatori. Di fronte al muro opposto dall'esecutivo sulla trasparenza nel dissesto di Mps ci si aspettava fuoco e fiamme dalle opposizioni. Ma l'incendio in aula non si è visto nemmeno con il binocolo. Durante il dibattito - perfino quello sulla fiducia, i banchi erano praticamente vuoti. Nel momento di massimo affollamento erano in aula 70-75 senatori su 320. Di questi 17 erano del Pd, 15 di M5s, 12 della Lega Nord, 6 della sinistra, 5 di Forza Italia e il resto del gruppo Ala e formazioni minori. A lungo il povero Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia che aveva promesso battaglia sulla lista dei bidonisti Mps, è restato solo in attesa di avere la parola: in aula c'era anche il suo collega Maurizio Gasparri, ma stava presiedendo l'assemblea e non poteva intervenire. Nel disinteresse collettivo (anche sui banchi del governo a sentire il dibattito sulla fiducia c'era un solo rappresentante: il sottosegretario all'Economia Paolo Baretta), poche proteste ci sono state per la mancata trasparenza dopo tanti tira e molla delle settimane precedenti. La Lega Nord ha accarezzato l'argomento, innalzando cartelli con scritto “Risparmiatori truffati, banchieri Pd graziati” e lanciando in aria banconote fac-simile. Toni più tecnici da parte di Laura Bottici (Mps) che ha notato: «Noi non sapremo mai né chi ha preso i soldi né chi li ha dati (perché la colpa è anche di chi li ha dati), e sappiamo benissimo che questi grandi debitori si chiamano “grandi” perché hanno delle esposizioni enormi». Finalmente è entrato in aula qualcuno per tenere compagnia in favore di telecamere a Romani. Ha preso la parola, e non è venuto giù il mondo. Ha spiegato le condizioni poste per dire sì, tutte respinte. E di queste «la richiesta più importante che abbiamo avanzato è che i nomi dei cento debitori insolventi più importanti siano resi pubblici. Non rispondeva, infatti, solo a un bisogno generico, seppure sacrosanto, di giustizia e di trasparenza. Riconosceva il diritto del nuovo azionista di maggioranza, il popolo italiano, attraverso lo Stato italiano, a conoscere nome e cognome di chi, in spregio dei patti e degli obblighi, aveva contribuito a creare le condizioni per cui ogni cittadino viene oggi chiamato a partecipare al salvataggio di MPS. Di chi, grazie al proprio nome, alla forza delle proprie aziende, forse anche alla vicinanza con la politica, era riuscito a ottenere crediti ingentissimi, per non restituirli nemmeno: una beffa e un danno alla libera concorrenza, per tutti coloro i quali, cittadini e imprese, vivono sulla propria pelle la difficoltà di accedere al credito». Tutto qui. di Franco Bechis

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